MERCATI & NORME

“Nuove regole europee contro il dominio di Google”

Il vicepresidente del Parlamento Ue Antonio Tajani e il parlamentare Andreas Schwab firmatario della “risoluzione spezzatino” per il motore di ricerca: “Serve una strategia coerente per il mercato unico digitale”

Pubblicato il 15 Dic 2014

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Il primo è il principale architetto della risoluzione dell’Eurocamera che ha invocato a chiare lettere lo “spezzatino” di Google (pur senza mai nominare l’azienda), ossia la separazione dei suoi servizi di ricerca dalle altre attività commerciali. Il secondo, che nella stessa assemblea occupa lo scranno di vicepresidente dopo un quinquennio come commissario europeo all’Industria, ha sposato con convinzione la causa del testo. Andreas Schwab e Antonio Tajani, entrambi in quota Ppe, ritornano in un’intervista congiunta a Cor.Com sull’offensiva di Strasburgo al colosso di Mountain View rimbalzata sui media di mondo. Minimizzano il clamore creatosi attorno alla proposta di scorporo precisando che si tratta di “una possibile opzione” tra le tante nell’arsenale dell’Antitrust europea. Ma a chi ne ha messo in dubbio la fattibilità giuridica rispondono che la Commissione “ha già fatto ricorso a questo strumento in altre aree”. Non solo “unbundling”, però. Per arginare il dominio in Europa di Big G, dicono Schwab e Tajani, serve “una nuova normativa”.

Fra i critici alla risoluzione domina l’opinione che l’invito rivolto da Strasburgo all’Antitrust Ue ad azionare la “ghigliottina” sulle attività di Google poggerebbe su motivazioni di pura convenienza politica, anziché su argomentazioni fattuali e legali attendibili. Come rispondete a queste insinuazioni?
L’indagine antitrust dell’Ue a carico di Google è stata aperta quattro anni fa. Un tempo relativamente lungo. Da allora, le prove fattuali di un sospetto abuso di posizione dominante sembrano emerse con chiarezza, anche a seguito di un’analisi di mercato formale e informale effettuata a maggio 2014. Peraltro, è opportuno precisare che il Parlamento Ue nella sua risoluzione ha domandato alla Commissione di “considerare l’unbundling come una possibile soluzione sul lungo periodo”, di certo non l’unica, nell’ottica di garantire condizioni di mercato eque nel settore dei motori di ricerca. Per quanto riguarda le circostanze legali, perfino il Financial Times ha confermato che la Commissione ha il potere di ordinare la separazione delle attività di Google.
Eppure diversi osservatori hanno sollevato dubbi proprio sulla praticabilità giuridica di un eventuale spacchettamento.
La Commissione ha a sua disposizione diverse opzioni. Tra queste, l’“unbundling” è sempre stato e resta una extrema ratio. Tuttavia, l’Antitrust Ue ha già fatto ricorso a questo strumento in altre aree. È ovvio che in un’economia globalizzata sarebbe una soluzione difficile da attuare. In ogni caso, la decisione finale riposa sulle spalle della Commissione.
Come valutate fin qui l’approccio adottato proprio dalla Commissione nell’indagine antitrust a carico di Google?
Il caso Google è certo complicato. Ciò premesso, è necessario che l’Europa garantisca il prima possibile un mercato dei motori di ricerca equo e neutrale nell’interesse dei consumatori. Quattro anni d’indagine sono un periodo lungo. E se continuiamo ad attendere che Google prometta ulteriori impegni che non rispondono alle richieste della Commissione, l’attuale situazione di squilibrio potrebbe protrarsi ancora per molto. Allo stesso tempo siamo consapevoli che occorre concedere alla Commissione un lasso di tempo sufficiente a trattare il caso in maniera adeguata per pervenire ad una soluzione efficace.
Se lo scorporo appare una soluzione di lungo periodo, come dovrebbe agire l’Antitrust Ue per chiudere il caso Google in tempi rapidi?
Nei casi più complicati un accordo tra la Commissione e l’azienda oggetto d’indagine può apparire come la soluzione più immediata. Tuttavia, questo implica che i termini dell’accordo restino confidenziali. L’avvio di una procedura formale con l’imposizione di multe dovrebbe essere pertanto l’approccio più indicato di fronte a comportamenti anti-concorrenziali. Una condizione che contestualmente la Commissione potrebbe imporre a Google è quella di adottare un “meccanismo di rotazione” dei risultati di ricerca per rimediare al trattamento preferenziale dei propri servizi (secondo questo meccanismo, i risultati di Google e quelli della concorrenza sarebbero visualizzati nella stessa posizione e con lo stesso risalto nella pagina dei risultati di ricerca in modo alternato, ndr).
Indagini antitrust a parte, quali sono gli strumenti legali esistenti o le iniziative legislative che la Commissione potrebbe adottare per arginare il dominio di Google nel mercato del search e del search advertising?
Potrebbe proporre una normativa volta a disciplinare il search online, sul modello del regolamento europeo del 2008 relativo all’utilizzo di sistemi telematici di prenotazione nel trasporto aereo. Internet, naturalmente, presenta differenze significative con il settore aereo. Dobbiamo tenere insomma conto della natura dinamica dei mercati digitali. Ma in ogni caso occorre garantire che un utente possa spostarsi con facilità, ad esempio con il proprio account email, da un operatore all’altro. Oggi in Europa si può perfino cambiare operatore telefonico mantenendo lo stesso numero!

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