I chip britannici di Arm passano dalle mani della casa giapponese Softbank a quelle de colosso statunitense delle schede grafiche Nvidia, in un’operazione – appena annunciata – da 40 miliardi di dollari, una delle più importanti del 2020 su scala globale in termini di portata finanziaria. Il closing dell’intesa, che prevede un pagamento misto in contanti e in azioni, per una cessione di titoli a Softbank per 21,5 miliardi di dollari, dovrebbe arrivare secondo le prime previsioni entro marzo, dopo l’ok di tutte le authority coinvolte. Una volta completato il passaggio, SoftBank arriverà ad avere in portafoglio una quota variabile tra il 6,7% e l’8,1% del capitale di Nvidia.
L’operazione avviene quattro anni dopo che l’azienda guidata da Masayoshi Son aveva acquisito il produttore britannico di semiconduttori su misura e microprocessori nel 2016, spendendo per l’operazione una cifra superiore ai 30 miliardi di dollari.
Arm, che è in pista dal 1990, è oggi uno dei giganti mondiali della produzione di microprocessori, ed è specializzata nelle forniture per smartphone.
La cessione di Arm è per la casa giapponese soltanto l’ultima di una serie di iniziative che l’anno portata negli ultimi mesi a cedere asset per 4.00 miliardi di yen, pari a 42 miliardi di dollari, a causa del periodo finanziario difficile seguito all’emergenza coronavirus e di una serie di investimenti che non hanno dato i risultati attesi.
E il programma della cessione di partecipazioni pare non sia destinato a terminare con la vendita di Arm: Softbank si è infatti liberata di una parte importante della propria quota nell’operatore di tlc statunitense T-mobile e nel colosso cinese dell’e-commerce Alibaba.
Secondo gli analisti di settore l’operazione che vede Arm finire nell’orbita di Nvidia potrebbe essere destinata a creare un regime di monopolio nel campo dei semiconduttori, con conseguenza pesanti sull’intero mercato: dal fatto che a fornire la tecnologie di punta ai principali player del settore potrebbe a questo punto essere una sola azienda, alla prospettiva che questo gigante dei semiconduttori in mani americane potrebbe avere un ruolo – all’interno della Trade War tra Stati Uniti e Cina – per limitare l’accesso alle tecnologie made in Usa per le aziende cinesi.