La vicenda Snowden segnala come oggi, a cavallo tra Internet e le piattaforme delle grandi multinazionali della Rete, si giochi una partita originale delle relazioni internazionali. Sono sempre più le nuove tecnologie a condizionare le politiche di intelligence e di difesa. È una vera e propria cyberwar permanente. Una guerra inserita nei nuovi scenari anche tecnologici prodotti dalla globalizzazione.
Qualche tempo fa utilizzammo l’acronimo Olibù per indicare la nuova situazione del capitalismo globale contemporaneo animato da un confronto tra modelli estremi. Da un lato c’è il capitalismo tribale, caratterizzato dall’azione dei consumatori organizzati in circoli di interessi o bisogni. Dall’altro il capitalismo oligarchico retto da ristrette nomenclature. Non è affatto facile intuire quale modello prevarrà, mentre è certo che il confronto è in corso su scala continentale, come confermano gli accadimenti più recenti in Siria e nel mondo arabo.
Ma Olibù, oggi, ha preso il largo un po’ ovunque nelle relazioni internazionali. Anima le cosiddette guerre cibernetiche; condiziona ed influenza le politiche energetiche non solo per quanto attiene allo shale gas o allo shale oil; indirizza flussi e movimenti di capitali tra paesi che accumulano riserve, solitamente del mondo di Oli, e paesi che importano finanza. La stessa politica monetaria vede i paesi della democrazia dal basso e “tribale” schierati in favore di politiche non convenzionali, mentre i paesi di Oli non vogliono dare il via alle presse per stampare moneta.
In questo scenario è chiamato a muoversi Barack Obama, indiscutibilmente il primo presidente americano eletto con il supporto determinante della tribù di internet. Obama rappresenta la quintessenza del capitalismo tribale, quello che è capace di aggregare e animare dal basso gli interessi individuali e collettivi di varia natura: politica, commerciale, culturale, finanziaria. Sull’estremo opposto troviamo la Russia, dove Vladimir Putin incarna forse il miglior modello di capitalismo oligarchico ed accentrato. Non sono le tribù ed i movimenti, più o meno spontanei, organizzati nella base della società a influenzare azioni e decisioni, ma ristretti gruppi di potere che ruotano intorno al vertice politico. Gli oligarchi di successo sono quelli “graditi” al potere, una oligarchia nell’oligarchia, ed incaricati anche di esportare il volto positivo del modello acquistando squadre di basket o di calcio.
È l’emersione del mondo Olibù, sintesi dei due estremi di capitalismo tribale ed oligarchico. Due evoluzioni parallele della società post globale si sono messe in moto: una riguarda il primato dei consumatori, l’altra il bastone del comando politico ed economico.