La PA driver di sviluppo sostenibile. È la sfida che lancerà il Forum PA 2017 che quest’anno accende i riflettori sugli obiettivi al 2030 definiti dall’Onu. Ma può l’amministrazione italiana diventare abilitatore di crescita o rischia di rimanere ostaggio di un’organizzazione che alimenta processi ed eroga servizi ben lontani da una visione di Paese innovativo?
Secondo Gianni Dominici, direttore generale di FPA, non solo la PA può ma deve gettare il cuore oltre l’ostacolo e fare della sostenibilità la bussola della sua attività. “La domanda che da anni si pone e pone al Paese Forum PA è ‘quale PA per quale Paese’ – ricorda a CorCom Dominici – Quest’anno ancora di più rilanciamo questa domanda. È importante parlare dello sviluppo di Spid, della costruzione di Anpr o della digitalizzazione nel settore sanitario, ma bisogna inquadrare questi progetti all’interno di una riflessione Paese su quello che l’Italia vuole diventare nei prossimi anni, in un contesto storico-economico in cui gli attuali modello di sviluppo stanno mostrando la corda”.
Che ruolo può svolgere la PA nel raggiungimento degli obiettivi Onu?
L’amministrazione deve diventare “provider” di strumenti, opportunità e metodi per raggiungere questi obiettivi. La PA deve essere al centro di ogni strategia di sviluppo sostenibile: senza una burocrazia efficiente e innovativa l’Italia rischia di rimanere al palo e riproporre modelli di funzionamento oramai stantii.
Una recentissima ricerca FPA rileva proprio la tendenza della nostra amministrazione a non fare nulla, a non cambiare, per timore di incorrere in rischi. Che fare, dunque?
Non dimentichiamo che la PA è fatta di persone prima che di processi o servizi. I dipendenti pubblici si possono rendere più efficienti formandoli e rendendoli partecipi degli obiettivi e dei cambiamenti in atto. I lavoratori hanno mediamente un’età di 54 anni e vengono formati per mezza giornata l’anno, contro i colleghi francesi e inglesi che passano 8-10 giorni a studiare e a far crescere le loro competenze. Si è sviluppata una cultura – noi l’abbiamo chiamata “burocrazia difensiva” – che tende a rallentare e annullare qualsiasi voglia di cambiamento e di innovazione. Così è difficile cambiare passo.
E allora?
Se vogliamo cambiare la pubblica amministrazione dobbiamo cambiare soprattutto la cultura di chi ci lavora tutti i giorni, motivandoli e offrendo la possibilità di crescere e di emanciparsi verso obiettivi condivisi. La PA ha bisogno di nuovi modelli, non si tratta semplicemente di migliorarla, serve un cambiamento radicale che superi a logica dell’innovazione “incrementale” per aderire a un nuovo modello di sviluppo.
Ma per fare questo serve un forte commitment della politica.
Certamente la politica deve indicare la strada. ll passaggio a un’economia sostenibile richiede un salto culturale forte. Da un lato è necessario dotare le pubbliche amministrazioni di competenze e strumenti adeguati, dall’altro ne va rafforzato il ruolo propulsivo e di sensibilizzazione rispetto alle scelte di consumo e produzione di cittadini e imprese, primi fra tutti i propri dipendenti: 14 occupati su 100 in Italia sono impiegati pubblici con proprie abitudini di consumo nell’attività lavorativa quotidiana. Se le amministrazioni saranno trainanti nel promuovere e incentivare i comportamenti sostenibili nei luoghi di lavoro, proprio dal settore pubblico potrà venire la green revolution. Ma ovviamente la politica si deve fare promotrice di questo salto.
Il tema della sostenibilità riguarda anche le città.
Oggi non possiamo parlare di smart city senza parlare di sostenibilità: gli obiettivi posti dall’Onu sono tanto ambiziosi quanto ineludibili e su molti di questi target le città giocano un ruolo centrale, essendo il livello territoriale nel quale più si addensano i problemi di natura sociale ed economica, ma anche il luogo in cui trovare le competenze e le risorse per risolverli. La città diventa una piattaforma abilitante dove lavorare nella direzione della crescita sostenibile. In questo momento Milano è la città che meglio di altre sta lavorando in una logica di “laboratorio urbano” mettendo al centro del cambiamento tutti gli attori del tessuto cittadino. Gli spazi di “BASE”, ad esempio saranno lo scenario ideale per lavorare insieme sui temi delle città del futuro. Un gran lavoro da fare, quindi, che rimette al centro l’importanza dei processi di innovazione e cambiamento da intendersi dal punto di vista istituzionale, organizzativo e tecnologico. Si tratta, infatti, per le nostre città di intraprendere al più presto la strada della Digital Social Innovation, di usare al meglio la tecnologia per sostenere importanti cambiamenti sociali. Le sfide sono chiare, ora si tratta di organizzarsi al meglio per vincerle.
Su www.forumpa2017.it il programma congressuale in continuo aggiornamento.
La partecipazione è libera e gratuita, è sufficiente accreditarsi alla Manifestazione e iscriversi on line ai singoli appuntamenti.