Open Innovation: parte da Montecitorio il roadshow di Ads Group e Innoventually

Da Tim a Enel, da Axa a Electrolux, da Intesa Sanpaolo a Telit e Altromercato: tante le aziende che hanno partecipato al Business Game, accettando di essere valutate da una platea di innovatori

Pubblicato il 22 Set 2016

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E’ partito da Roma, precisamente da palazzo Montecitorio, un roadshow unico in Italia, ideato dal Gruppo ADS ed Innoventually per disseminare su tutto il territorio nazionale esempi virtuosi di Open Innovation. Un percorso a tappe, che assume i contorni di una sfida, raccolta da alcune delle più grandi aziende italiane che hanno accettato di raccontare la propria storia d’innovazione e sottoporla al vaglio di una platea di startuppers, makers, esperti di innovazione, rappresentanti del mondo accademico, della ricerca e delle imprese.

Da Tim a Enel, da Axa a Electrolux, da Intesa Sanpaolo a Telit e Altromercato: i “grandi” del panorama imprenditoriale hanno inviato i loro leader dell’innovazione a Montecitorio per incontrarsi e fare “rete”, condividendo le proprie esperienze in nome di una vera “innovazione aperta”. Collaborare per crescere insieme: questo è l’approccio chiave per riuscire a dominare il mercato, non facendosi cogliere impreparati dalle richieste della “generazione internet”.

I modelli di Open Innovation presentati sono stati poi valutati dalla platea tramite una WebApp. “Non può esistere infatti un solo modello di Open Innovation valido per tutti – ha sottolineato Michael Prisco, responsabile dell’innovazione di Ads Group – l’OI è infatti un gene mutogeno che, entrando in contatto con il dna di una azienda è in grado di trasformarla in una realtà migliore, capace di ascoltare, innovare più rapidamente e trovare nuovi sbocchi di mercato. Questa mutazione genetica, però, funziona solo in un determinato contesto”. Concorde Daniele Pes (Altromercato), secondo il quale “Open Innovation è certamente un principio condivisibile. Ma non ci si può aspettare una cassetta degli attrezzi adeguata a ciascuna realtà imprenditoriale. Sviluppare un modello di OI necessita un lavoro personalizzato che non può prescindere dalla storia, l’identità, le competenze interne”. Non esiste un unico modello di Open Innovation neanche all’interno della stessa azienda, ha evidenziato Gianluca Zanini, se la realtà in questione ha le dimensioni di Axa. Secondo Adriano La Vopa, Innovation Strategy di Innoventually, coorganizzatore dell’evento, è giunto quindi il momento per le aziende “di reinventarsi e cambiare i modelli di business”.

Sempre tramite la WebApp dell’evento, i presenti in sala hanno potuto caricare e condividere il proprio “biglietto da visita elettronico”, per dare vita ad un network aperto ed inclusivo, contesto ideale per la circolazione virtuosa di idee. “Chi fa OI – ha affermato Lucia Chierchia di Electrolux – costruisce un ponte tra gli inventori e tutte le funzioni aziendali”. Per innescare il cambiamento, infatti, è importante far entrare le start up all’interno delle aziende. In questo senso Tony Gherardelli ha spiegato come Intesa SanPaolo da tempo si impegna ad “accompagnare le nuove iniziative imprenditoriali”; la stessa cosa fa Tim, ha assicurato Massimiliano Ambra, “che supporta le start up e collabora con loro quotidianamente”. Se, infatti, “non mettiamo a disposizione il nostro know how a chi vuole approcciarsi al mondo IoT in modo semplice, – ne è certo Mario Calcagnini di Telit – non potremo mai accelerare il business“. Perché le start up? Ha chiesto quindi Luciano Tommasi (Enel): “Perché giocano all’attacco e non hanno paura di rischiare”. Ad una condizione, ha concluso Carlo Napoli, sempre di Enel: “non dobbiamo uccidere le idee”.

Il format del “business game”, ormai testato con successo, sarà replicato nelle varie tappe del tour che toccherà le città italiane più importanti. Next stop: Napoli. Il “passaggio del testimone” è stato affidato all’assessore all’Innovazione della Regione Campania, Valeria Fascione, accompagnata dal consigliere delegato di Città della Scienza-Fondazione Idis, Vincenzo Lipardi e dal docente di sistemi di elaborazione delle informazioni dell’Università Federico II di Napoli, Giorgio Ventre che, con i loro preziosi contributi, hanno chiuso i lavori.

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