LA POLEMICA

OpenAI, il veto del New York Times: “Non addestreremo ChatGpt” 

Il quotidiano, dopo aver bloccato i GptBot nei giorni scorsi, è pronto all’azione legale contro l’utilizzo dei propri contenuti per il sistema di intelligenza artificiale generativa. La via del tribunale era già stata scelta da Matthew Butterick, che aveva accusato la società di “pirateria”

Pubblicato il 23 Ago 2023

chatgpt

Niente New York Times (ma non solo) per ChatGpt. In mancanza di accordi, gli articoli del prestigioso quotidiano non potranno essere usati per addestrare l’intelligenza artificiale. Lo ha deciso il quotidiano bloccando i crawler web di OpenAI già da alcuni giorni. Secondo quanto riporta The Verge, il New York Times ha disabilitato i GptBot e non esclude una possibile azione legale contro OpenAI per la violazione dei diritti della proprietà intellettuale.

Gli autori contro ChatGpt

Un’azione legale non sarebbe la prima per ChatGpt: almeno due autori hanno infatti fatto causa contro i suoi bot. A ricorrere contro OpenAI è stata anche il legale e programmatore Matthew Butterick, secondo il quale le pratiche della società sono simili alla pirateria software.

Davanti alla minaccia di una intelligenza artificiale in grado di “imparare” dai siti di notizie gli editori si attrezzano a una battaglia per la difesa del diritto d’autore. A confermare il blocco messo in atto dal New York Times è la pagina robots.txt del quotidiano in cui è chiaramente indicato il blocco del software che ‘immagazzina’ i pezzi.

Diritto d’autore al centro della disputa

Il nodo è proprio sull’utilizzo del cosiddetto web crawler, che scansiona milioni di siti internet e le informazioni contenute in essi, il tutto senza chiedere esplicitamente il permesso a coloro che detengono il diritto d’autore sui contenuti presenti nei siti scandagliati.

Ma visionando le equivalenti pagine robots di altri grandi siti, emerge come la prassi di bloccare questi bot sia sempre più diffusa. Questo tentativo di difendere il proprio diritto d’autore peraltro rischia di dare un colpo allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (che ha bisogno – per fornire risultati attendibili – di elaborare un’enorme quantità di dati e informazioni).

Infatti se la querelle finisse in tribunale per violazione del copyright OpenAi non solo potrebbe dover distruggere i dati raccolti da ChatGpt ma anche pagare multe fino a 150.000 dollari per ogni articolo non autorizzato. E mentre l’editoria si muove, anche altri creatori di contenuti – da agenzie fotografiche a scrittori e autori – sono pronti a muovere battaglia in difesa del copyright.

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