STRATEGIE

OpenAi si fa strada in Europa: uffici a Dublino dopo lo sbarco a Londra

La società di ChatGpt apre in Irlanda, dove hanno sede le principali big tech grazie al regime fiscale agevolato. Ma puntualizza che non sarà l’headquarter continentale e che non è prevista la presenza di executive. Intanto al Congresso Usa in “audizione” i top manager della Silicon Valley: da Altman a Pichai, da Zuckerberg a Musk. Si punta a trovare una quadra sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale generativa. In Cina scende in campo Alibaba

Pubblicato il 14 Set 2023

chatgpt

OpenAi aprirà un ufficio a Dublino, la seconda sede in Europa, dopo quella di Londra, per la società dell’intelligenza artificiale che ha sviluppato ChatGpt. L’azienda californiana sostenuta da Microsoft ha puntualizzato che non si tratta degli headquarter europei e che non è prevista la presenza di un executive per dirigere l’ufficio. OpenAi ha però pubblicato degli annunci di lavoro per nove figure da inserire nella sede irlandese e il chief strategy officer Jason Kwon ha dichiarato all’agenzia Reuters che nuove assunzioni arriveranno nei prossimi mesi.

“Ci piace crescere in modo ragionato e non troppo rapidamente perché vogliamo assicurarci che la cultura dell’azienda sia ben radicata nelle nuove sedi prima di espanderci”, ha indicato Kwon.

OpenAi di fronte alla regulation

La scelta dell’Irlanda come sede di un ufficio non è legata alle favorevoli condizioni fiscali, ha proseguito Kwon, “perché OpenAi non è al momento profittevole”. La società dell’Ai generativa dovrà, invece, fare i conti in misura crescente con le regole sullo sviluppo e il controllo dei prodotti di intelligenza artificiale avanzati, non solo in Europa, dove è stato approvato l’Ai Act, ma anche negli Stati Uniti, dove il Senato ha chiamato in audizione i top manager delle aziende della Silicon Valley.

Elon Musk, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Sundar Pichai di Google, Satya Nadella di Microsoft, Jensen Huang di Nvidia, Arvind Krishna di Ibm e, naturalmente, Sam Altman di OpenAi sono alcuni dei big che si sono presentati alla Kennedy Caucus Room – la storica stanza del Senato per le inchieste sul Titanic e sul Watergate – per il primo di una serie di incontri a porte chiuse con un ristretto gruppo bipartisan di senatori (in tutto 60, ma con solo 4 che hanno la possibilità di fare domande). Secondo i media Usa, più che un confronto e uno scambio di opinioni è una sorta di “corso accelerato” di Ai per i politici americani. “Siamo qui per rispondere alle loro domande”, ha detto Altman.

L’incontro è stato promosso dal leader dei democratici in Senato, Chuck Schumer, che lo ha definito come il primo passo di un “compito complesso e vitale, ovvero gettare le basi per politiche bipartisan in grado di essere approvate dal Congresso”.

Negli Usa un “arbitro” dell’intelligenza artificiale?

Conoscere più a fondo la tecnologia servirà alla definizione delle regole per un settore che se, da un lato, fa paura, dall’altro presenta grandi opportunità. Gli Usa intendono proseguire nella loro tradizione di Paese che incentiva l’innovazione, ma l’Ai è una tecnologia troppo delicata per non prevedere qualche paletto. Un’ipotesi allo studio è una collaborazione tra le aziende private e le autorità pubbliche in modo da inviare un messaggio al Paese (dove si temono, per esempio, la perdita di posti di lavoro, il risultato pregiudiziale di alcuni programmi di Ai o le applicazioni di sorveglianza) e guidare uno sviluppo il più possibile positivo.

L’Ai è “una tecnologia potente sulla quale dobbiamo essere proattivi”, ha osservato Eric Schmidt, l’ex amministratore delegato di Google, ai margini dell’incontro con i senatori. “C’è un forte consenso sul fatto che l’intelligenza artificiale vada regolamentata. Le conseguenze se qualcosa dovesse andare storto con l’Ai possono essere gravi, per questo dobbiamo agire prima”.

“L’intelligenza artificiale è un’arma a doppio taglio” e serve un “arbitro”, è la posizione di Musk. Tutti i senatori, del resto, sono d’accordo sul fatto che l’Ai ha bisogno di regole.

Il senatore repubblicano Todd Young, uno dei quattro senatori che ospitano il forum e possono fare domande alle big tech, ha detto che la commissione giustizia del Senato potrebbe considerare una regolamentazione, anche se i tempi non saranno, probabilmente, brevi.

Ai generativa Made in China, c’è anche Alibaba

Intanto il lavoro delle imprese sui nuovi prodotti di Ai generativa continua: in Cina, la divisione cloud di Alibaba ha lanciato un concorrente di ChatGpt, col via libera, ovviamente, di Pechino. Il colosso cinese ha aperto al pubblico il suo Large language model (modello linguistico di grandi dimensioni, Llm, la tecnologia che è alla base anche del chatbot di OpenAi) basato sull’intelligenza artificiale Tongyi Qianwen. E non è il primo esempio nel Paese: il South China Morning Post riferisce che, prima di Alibaba, altre società tecnologiche cinesi hanno ricevuto l’approvazione del governo per lanciare servizi commerciali simili a ChatGpt.

In un articolo pubblicato su WeChat, Alibaba ha affermato che l’obiettivo è “consentire a ogni persona comune e azienda di beneficiare dei Llm”. Alibaba Cloud ha avviato un beta test di Tongyi Qianwen in aprile e da allora ha collaborato con altre unità Alibaba. Gli altri servizi approvati da Pechino includono, tra gli altri, Ernie Bot del colosso della ricerca Internet Baidu, quelli dello specialista di intelligenza artificiale SenseTime, la nuova impresa b del fondatore di Sogou Wang Xiaochuan, e la start-up sostenuta dallo stato Zhipu Ai. Anche il colosso cinese dei social media e dei videogiochi Tencent Holdings ha lanciato il suo modello Ai Hunyuan.

In Italia arriva Sybilla, la GenAi per le università 

Anche l’Italia prova lo sviluppo “in casa”: usando la tecnologia di ChatGpt (che ha una parte open source), all’Università di Pisa è stato creato il chatbot avanzato Sibylla. Al momento il prodotto Ai servirà a fornire informazioni sul funzionamento e il regolamento dell’ateneo in qualsiasi lingua, grazie al sistema Oraculum che consente di raccogliere la conoscenza dei vari uffici e attivare più assistenti virtuali per ambiti specifici e dare risposte attendibili sugli aspetti più vari della vita universitaria.

“Con questo nuovo sistema – spiega Antonio Cisternino, il docente che ha sviluppato l’applicativo – saremo presto in grado di dare ai nostri utenti internazionali un’assistenza in tempo reale impensabile fino a oggi. Sibylla è infatti in grado di rispondere nella stessa lingua in cui viene posta la domanda, ma la cosa interessante è che la sua base di conoscenza è l’italiano. Questo mette tutti i nostri uffici perfettamente in grado di addestrarlo a rispondere sia alle domande più frequenti che a quelle relative ai contenuti di regolamenti e atti istituzionali, con un notevole risparmio in termini di risorse”.

Sibylla sarà attivato nelle prossime due settimane, è completamente open source e sviluppata su chat Gpt e presto sarà messo a disposizione del sistema universitario nazionale.

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