Una società all’ingrosso di prodotti per l’informatica,
operante nella Capitale, che ha frodato il fisco per oltre 400
milioni euro è stata scoperta dai Finanzieri del Nucleo di Polizia
Tributaria di Roma, nell’ambito di una complessa indagine,
denominata operazione "Byte". Il responsabile
dell'imponente evasione fiscale è stato denunciato alla
Procura della Repubblica di Roma che ha disposto il sequestro di
diciannove immobili (tra cui abitazioni, capannoni e terreni)
direttamente riconducibili all'autore della frode, per un
valore complessivo che supera i 30 milioni di euro.
Le accuse mosse alla società vanno dall'utilizzo di fatture
false, all'omessa presentazione della dichiarazione dei
redditi, per finire all'occultazione/distruzione della
documentazione contabile.
Il meccanismo di frode si basava su acquisti non imponibili,
effettuato dalla società avvalendosi – pur in assenza dei
requisiti di legge – della possibilità di ricevere i beni senza
l'applicazione dell'Iva, esibendo ai propri fornitori delle
dichiarazioni d'intento false. Si tratta di un'agevolazione
pensata per favorire le imprese che operano frequentemente
all'estero che – facendo a loro volta delle cessioni non
imponibili – evitano di dover anticipare imposte di cui si
troverebbero sistematicamente a chiedere il rimborso. Del beneficio
fruito dalla società verificata, tuttavia, non c'è traccia
alcuna nelle dichiarazioni fiscali poi presentate – da qui,
l'evasione sostanziale – perché l'infedele qualificazione
degli acquisti (da non imponibili ad imponibili) ha determinato
l'esposizione di un credito di imposta non spettante.