Il dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti aggiunge nuove accuse di discriminazione dei dipendenti contro il colosso dell’It Oracle, dopo la causa aperta nel 2017. Sotto la lente dello Us Department of Labor ci sono le presunte pratiche discriminatorie verso i dipendenti di sesso femminile o appartenenti a minoranze etniche. Oracle avrebbe sistematicamente dato stipendi più bassi a donne, neri e asiatici privando questi lavoratori e lavoratrici di un totale di 400 milioni di dollari fra il 2013 e il 2016 che avrebbero potuto figurare nella loro busta paga, anche in forma di azioni o altri benefit.
L’azienda affida a Dorian Daley, Executive Vice President e General Counsel diOracle, la propria difesa: “E’ una causa che riteniamo priva di fondamento – afferma la manager – basata su accuse non vere e su un procedimento gravemente viziato all’interno dell’Ofccp (Office of Federal Contract Compliance Programs), che si basa su statistiche raccolte selettivamente, piuttosto che sulla realtà – afferma Dorian Daley, Executive Vice President e General Counsel di Oracle – Siamo in forte disaccordo con le accuse pretestusose e continueremo nel procedimento per dimostrarne l’infondatezza. Rispettiamo i nostri obblighi normativi, siamo impegnati per la parità di trattamento e orgogliosi dei nostri dipendenti”.
Per le presunte discriminazioni salariali il dipartimento del Lavoro aveva fatto causa ad Oracle nel 2017 tramite il suo Office of federal contract compliance, che si occupa di verificare la compliance dei contratti di lavoro nelle aziende che lavorano anche per l’amministrazione federale e vigila sulla parità di trattamento. Già allora si affermava che Oracle attuava prassi discriminatorie dando stipendi più alti ai dipendenti uomini e bianchi. L’anno scorso il dipartimento del lavoro e Oracle si sono incontrati per tentare una mediazione, ma il Labor department ha deciso ora di rinnovare le accuse sul trattamento discriminatorio e sostiene anche che l’azienda abbia distrutto alcune prove a suo carico.
Il dipartimento del Lavoro sostiene che Oracle abbia messo in atto due metodi per discriminare le donne e le minoranze. Il primo è, secondo l’accusa, la sistematica applicazione di contratti con stipendi più bassi perché il salario d’ingresso era basato sulla paga nel lavoro precedente anziché seguire uno standard comune per tutti i neoassunti Oracle; ciò permetterebbe di perpetuare pratiche discriminatorie presenti nell’industria. Il secondo metodo, continua l’accusa, è l’incanalamento dei dipendenti donna o di minoranze etniche in percorsi di carriera pagati con salari inferiori. Queste pratiche avrebbero privato i dipendenti discriminati di opportunità di guadagno per un totale di 400 milioni di dollari.
Inoltre, sostiene l’accusa, Oracle tende di preferenza ad assumere per le posizioni tecniche i neolaureati provenienti da paesi asiatici, che rappresentano il 90% dei 500 giovani entrati nei ranghi dell’azienda tra il 2013 e 2016 contro una media del 65% per le altre società americane. I cittadini asiatici hanno bisogno di un permesso per lavorare negli Stati Uniti che viene dato tramite il datore di lavoro e, secondo il ministero Usa, Oracle poteva far leva su questa necessità per offrire stipendi più bassi.
Nel fascicolo del ministero americano si legge anche che Oracle “ha distrutto documenti” sul procedimento adottato per le assunzioni mentre il caso era già aperto.
Contro Oracle a inizio anno è partita anche una class action: oltre 4.200 dipendenti donna hanno accusato l’azienda di discriminazione calcolando che in media ricevono 13mila dollari l’anno in meno rispetto ai colleghi uomini con mansioni simili.
La causa nei confronti di Oracle arriva in un momento delicato per i giganti dell’hi-tech americano, tra accuse di discriminazione razziale, molestie sessuali e disparità di retribuzione.