Si apre un caso diplomatico tra Francia e Israele sulla decisione annunciata dall’operatore transalpino di Tlc Orange di ritirare il proprio marchio da Israele. Una circostanza che ha provocato una dura reazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu (nella foto), che ha chiesto al Governo francese di prendere le distanze dalla decisione della telco. Appello subito raccolto dal governo d’oltralpe: “Sebbene spetti al presidente del gruppo Orange decidere la strategia commerciale dell’azienda – ha dichiarato il ministro degli Esteri Laurent Fabius – la Francia si oppone con forza a ogni forma di boicottaggio verso Israele”.
Netanyahu aveva definito a caldo come “miserabile” la decisione di Orange di porre fine al suo accordo di licenza del marchio con il secondo gestore israeliano, Partner. “Faccio appello al governo francese perché rinneghi pubblicamente le parole miserabili e gli atti miserabili di un società che è sotto al sua parziale proprietà – ha detto Netanyahu dopo l’annuncio di Orange – Chiedo ai nostri amici di dichiarare incondizionatamente, a voce alta e chiara, che si oppongono a ogni boicottaggio dello Stato ebraico”.
Ma la scelta, secondo la società, non sarebbe avvenuta per motivi politici. Menzionando la sua “strategia di sviluppo del marchio”, Orange ha spiegato di non voler mantenere una presenza “in Paesi dove non è gestore”. “In questo contesto, pur rispettando scrupolosamente gli accordi in essere, il Gruppo in definitiva desidera terminare l’accordo di licenza del marchio. Il gruppo Orange (…) non entra in alcun dibattito politico in alcuna circostanza”.
Ma la polemica è entrata nel vivo quando l’amministratore delegato della società, Stephane Richard, aveva detto al Cairo che la società voleva ritirarsi da Israele, parole che hanno toccato un nervo scoperto in un Paese sempre più preoccupato del boicottaggio internazionale e dell’impatto sulla sua immagine all’estero. La presa di posizione del numero uno di Orange, che pure non ha mai menzionato gli insediamenti israeliani, è arrivata dopo la pubblicazione il 6 maggio di un rapporto in cui il colosso francese veniva accusato di sostenere indirettamente i territori occupati attraverso l’alleanza con Partner. Compilato da cinque ong, soprattutto francesi, e due sindacati, il rapporto accusa Partner di costruire sui territori palestinesi occupati e chiede a Orange di tagliare i ponti e di dichiarare pubblicamente la volontà di evitare di contribuire alla prosperità economica degli insediamenti. Al Cairo, Richard aveva detto: “la nostra intenzione è di ritirarci da Israele, ci vorrà tempo, ma lo faremo di certo. Sono pronto a farlo domani mattina, ma senza esporre Orange a grossi rischi”.