REGOLE & INTERNET

Over the top all’attacco della web tax, anche ex politici nelle lobby anti-fisco

Google, Facebook e Amazon affilano le armi in vista del giro di vite europeo. E in Uk, che studia tasse ancora più alte, tra le fila dei gruppi di pressione compaiono l’ex vice premier e l’ex consigliere di Tony Blair

Pubblicato il 23 Ott 2018

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Facebook ha assunto Sir Nick Clegg, ex vice primo ministro della Gran Bretagna, come direttore della funzione global affairs and communications, un segnale concreto che il colosso di Internet vuole rafforzare la sua capacità di dialogare con il governo di Londra e, possibilmente, contribuire a dare alle politiche britanniche una direzione favorevole alle attività del social network numero uno al mondo.

La pressione regolatoria europea preoccupa in generale tutti i colossi tecnologici a stelle e strisce, ma la Gran Bretagna si trova in un momento cruciale della sua storia, mentre proseguono – con tante incognite – i negoziati sulla Brexit. L’Unione europea ha già messo sul tavolo il nuovo regolamento sulla privacy (Gdpr), in vigore da maggio, e ha aperto la fase finale delle deliberazioni sulla direttiva copyright, licenziata dal Parlamento a settembre e affidata ora ai negoziati del Consiglio, mentre quest’ultimo – in sede di Ecofin – continua a discutere anche di web tax.

La Gran Bretagna ha dimostrato che non intende essere più “morbida” di Bruxelles in fatto di regolazione dei colossi hitech: il ministro delle Finanze Philip Hammond ha fatto sapere che il Regno Unito è pronto ad accelerare sui tempi della tassazione delle imprese del digitale (viste le lungaggini dell’Ocse) adottando unilateralmente un’imposta sui servizi digitali (Digital Services Tax) per allineare il prelievo fiscale sulle grandi Internet companies come Google, Amazon e Facebook a quello dei colossi tradizionali.

La scure su Google & co. non si fermerà a eventuali nuove imposizioni fiscali perché la Gran Bretagna sta valutando dei modi per aggiornare le sue norme antitrust in reazione al potere dominante assunto da alcune grandi aziende. Hammond ha nominato Jason Furman, ex chief economist del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, come direttore di un progetto di revisione del quadro normativo del Regno Unito sulla concorrenza.

Alla minaccia del giro di vite Facebook, Google e Amazon reagiscono con intensificate azioni di lobby e la nomina di esperti di politica e relazioni con le istituzioni capaci di dialogare in modo efficace con chi prende le decisioni a Londra. Secondo il Daily Telegraph, le tre tech companies americane impiegano in Uk complessivamente 50 persone nell’ambito dei rapporti col mondo politico, di cui la metà lavora per Facebook.

Nel team di Facebook già lavorano Richard Allan (vice president for public policy Emea), ex del Partito liberal democratico come Nick Clegg e suo predecessore come parlamentare eletto al collegio di Sheffield Hallam, e Kaim Palant (Uk public policy manager), ex head of policy di Ed Balls, ex cancelliere ombra.

Lavora invece come policy manager di Google Theo Bertram, ex consigliere di Tony Blair e Gordon Brown.

Entrambe le aziende starebbero cercando altre figure di analogo rilievo da inserire nelle fila dei manager capaci di fare azioni di lobby a Londra e di relazionarsi con i media per presentare all’opinione pubblica le posizioni e le misure dei gruppi americani di Internet su sicurezza e privacy.

Commentando il suo ruolo in Facebook Nick Clegg ha detto che l’azienda di Mark Zuckerberg deve dare risposte su alcuni temi e comportamenti non nel recinto della Silicon Valley ma dialogando con governi, regolatori e società civile per dimostrare che la tecnologia ha un fine benefico.

Ma per il ministro ombra John Trickett “La nomina di Sir Clegg è solo la punta dell’iceberg quando si parla di lobby delle grandi aziende sulla politica“, riporta The Times. “Spesso i colossi del digitale, quando temono che siano in arrivo più regole pubbliche, aumentano la spesa e fanno tutto ciò che è in loro potere per ottenere che le regole siano edolcorate”. Trickett ha però garantito che “il prossimo governo laburista intende combattere l’elusione fiscale e gli abusi dei big industriali e assicurarsi che l’attività di lobby sia severamente regolata e trasparente”.

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