Le piccole e medie imprese ed il mondo della ricerca in Italia sono sempre più a rischio sul fronte della tutela della proprietà fisica e intellettuale. E’ quanto emerge dall’International Property Rights Index 2013 (Indice Internazionale sui Diritti Di Proprietà). Realizzato dalla Property Rights Alliance di cui fa parte il think thank italiano Competere.eu, l’indice misura come viene tutelata la proprietà in 131 paesi, pari al 98% del Pil ed al 93% della popolazione globale.
I dati sull’Italia, secondo Competere.eu offrono uno scenario preoccupante. Il Bel Paese, che vede interi settori come quelli dell’agroalimentare, del design e della moda sotto l’attacco della contraffazione internazionale, si colloca al 47esimo posto della classifica, dopo il Rwanda, con il punteggio di 6.1. Tra gli anni 2009 e 2013, il punteggio complessivo Ipri italiano è diminuito del 0,8%.
L’indice, basato su studi della Banca Mondiale, dell’Ocse e del World Economic Forum, dimostra come l’Italia abbia visto regredire la propria posizione, a differenza degli altri paesi del G7 e dell’Unione Europea i cui governi negli ultimi anni hanno fatto della difesa della proprietà una priorità.
“In Italia la tutela della proprietà fisica e intellettuale è molto bassa – dice al Corriere delle Comunicazioni Pietro Paganini, presidente di Competere.eu e docente in Business Administration alla John Cabot Unviersity – Senza entrare nel dettaglio della diatriba sul software open source, di certo il quadro regolamentare e il livello di enforcement sono scarsi in Italia. Brevetti e certificazioni di qualità sono poco tutelati. Lo stesso vale per la tutela dei marchi ad esempio nel settore della moda. E questo è un danno economico, perché i paesi dove la tutela della proprietà è più sentita sono gli stessi che hanno economie forti”.
Ad aprire la classifica sono i paesi scandinavi: la Finlandia, prima con 8.6 e la Svezia, seconda con 8.4, seguite da Gran Bretagna al dodicesimo posto con 7.8, Germania al quattordicesimo con 7.7, Stati Uniti al diciassettesimo con 7.6. La Francia è invece al ventesimo con 7.3 e la Spagna al trentatreesimo posto con 6.5. La Svizzera, cioè la regione più competitiva al mondo secondo il World Economic Forum, è settima insieme all’Olanda con un punteggio di 8.2.
“La situazione del nostro paese – dice il segretario generale Roberto Race – è molto preoccupante. In questi anni gli altri Paesi del G7 hanno migliorato il loro sistema di tutela della proprietà mentre in Italia si è fatto troppo poco. Rispetto agli anni precedenti alcuni indicatori sono positivi, ma non bastano rispetto a quanto fanno altre regioni Il nostro tessuto imprenditoriale è sempre più a rischio: le Pmi non sono in grado di tutelarsi da sole”.
L’indice si compone di tre indicatori. Il primo indicatore riguarda l’ambiente politico e giuridico dei 131 paesi (stabilità politica, corruzione, indipendenza della magistratura, stato di diritto) e vede l’Italia al cinquantunesimo posto con 5.6. Gli altri paesi del G7 si trovano invece, rispettivamente: la Germania al quindicesimo posto con 8.0, la Gran Bretagna al diciassettesimo posto con 7.7, la Francia al ventiduesimo posto con 7.3, e gli Stati Uniti al ventitreesimo posto con 7.2.
Il secondo indicatore misura lo stato della regolamentazione dei diritti di proprietà fisica e vede l’Italia al sessantaquattresimo posto con un punteggio di 6.1 mentre la Gran Bretagna è al ventesimo posto con 7.3, gli Stati Uniti al ventiduesimo con 7.2, la Germania al venticinquesimo con 7.1 e la Francia al trentottesimo con 6.7.
Infine, il terzo indicatore sulla proprietà intellettuale vede l’Italia al trentunesimo posto con 6.6 mentre Stati Uniti e Gran Bretagna sono secondi a pari merito con 8.3, la Germania è decima con 8.1, la Francia è quindicesima con 7.9.
“Lo studio – aggiunge Paganini – mostra che esiste una relazione diretta tra il grado di tutela della proprietà e la prestazione economica. In particolare, si può notare che i paesi con un regime di diritti di proprietà più efficace crescono più in fretta e sono più competitivi, la Finlandia e i paesi del Nord Europa su tutti, la Svizzera, Singapore e i paesi di origine anglosassone in generale. Questa relazione è verificata nel rapporto Ipri attraverso tre principali indicatori economici (Reddito Pro Capite, Prodotto Interno Lordo ed Investimenti Diretti Esteri ricevuti), e si rivela positiva in tutti e tre i casi”.
“Appare chiaro – aggiunge Race – che l’area più critica nel nostro paese è quella relativa al primo indicatore. Anche la proprietà fisica appare insufficientemente regolata, mentre quella intellettuale in proporzione è quella più efficacemente salvaguardata. Appurata la relazione positiva tra un regime di protezione dei diritti di proprietà da un lato e la crescita economica dall’altro, l’Italia deve fare di più per creare un ambiente normativo favorevole alla crescita ed all’attrazione degli investimenti esteri”.