L'OPERAZIONE

PagoPA, la cessione a Poste nel mirino dell’Antitrust: “Serve un’asta pubblica”

L’Autorità accende i riflettori sull’articolo 20 del decreto Pnrr che attribuisce alla società guidata da Del Fante i diritti di opzione perl l’acquisto del 49% della quota azionaria al fianco del Poligrafico con il 51% : “Necessaria una procedura che metta a confronto più manifestazioni di interesse a tutela del mercato e della concorrenza”. Emendamento Pd per sopprimere la norma

Pubblicato il 19 Mar 2024

presidente Rustichelli

La cessione di PagoPA finisce nel mirino dell’Antitrust. Dopo i dubbi delle opposizioni sull’operazione prevista dall’articolo 20 del decreto Pnrr che stabilisce l’ingresso dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (fino al 51%) e di Poste Italiane (per la restante quota) nel capitale della società, anche l’Autorità rileva criticità.

In un documento depositato in commissione Bilancio della Camera l’Authority scrive: “in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse”.

La memoria dell’Antitrust

L’Autorità ritiene che la norma di legge presenti alcune criticità concorrenziali sia su un piano generale, con riferimento alla modalità seguita per la cessione al mercato della società pubblica, sia per le specifiche caratteristiche del soggetto cessionario individuato dal legislatore”, si legge nella memoria firmata dal presidente Roberto Rustichelli.   

PagoPA si pone quale nodo pubblico dei pagamenti digitali e gode di un significativo, ‘non replicabile’ vantaggio rispetto a qualunque altra piattaforma venisse costituita dai privati”, spiega l’Antitrust, osservando che “l’articolo 20 del decreto-legge, nella misura in cui dispone l’ingresso nel capitale della società pubblica di un operatore di mercato, comporta l’attribuzione in via diretta anche a detto operatore – scelto ad libitum dal legislatore – del privilegio riconosciuto alla piattaforma, con conseguente partecipazione dello stesso alla (relativa) quota di profitti. Anche in ragione di ciò, si rende indispensabile l’adozione di modalità trasparenti e non discriminatorie per poter trasferire a un soggetto di mercato parte dei benefici connessi al godimento di un privilegio riconosciuto ex lege”.

Focus sull’ingresso di Poste

Specificamente sull’ingresso di Poste nel capitale di Pago PA, l’Antirust osserva: “potrebbe sollevare alcune rilevanti problematicità nel funzionamento del mercato, che investono in primis il settore dei pagamenti digitali e poi quello delle notifiche digitali”.

“Alla luce delle considerazioni svolte – conclude l’Antitrust -, si chiede al legislatore di voler valutare modalità alternative a quella prevista dalla norma che siano idonee ad individuare secondo procedure trasparenti e non discriminatorie un soggetto qualificato, prevedendo altresì adeguati presidi a garanzia della sua neutralità”.

Il ricorso a una simile procedura è la sola modalità, insiste l’Antitrust, che permetta di “selezionare l’operatore più qualificato”. Si invoca quindi “un’asta competitiva o comunque una procedura che metta a confronto più manifestazioni di interesse”.

Viceversa la scorciatoia governativa risulta «in conflitto con regole» che «assurgono a veri e propri principi ordinatori del sistema» anche per «la loro aderenza a principi euro-unitari e costituzionali».

In ogni caso, precisa l’Authority, le “operazioni che prevedano la modifica del controllo societario come quella prevista dall’articolo 20 soggiacciono alla disciplina in materia di concentrazioni e devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’autorità antitrust competente”.

L’emendamento del Pd

Il Pd presenta un emendamento al decreto Pnrr per sopprimere la norma del decreto Pnrr sulla cessione di PagoPA.  “Una norma sbagliata, come sottolinea l’Antitrust, che presenta – evidenziano i deputati democratici Ubaldo Pagano, Anna Ascani, Silvia Roggiani e Andre Casu – diversi elementi di criticita’ sia per la contestuale proposta di privatizzazione di Poste sia per le modalità con cui il governo intende operare in assenza di procedure concorsuali. E’ inoltre incomprensibile come il governo possa inserire questa norma all’interno del decreto Pnrr che ha finalita’ del tutto opposte e considera la Pa centrale nella transizione digitale”.

“PagoPA Spa – aggiungono i dem – è sicuramente un modello di eccellenza, con un know-how essenziale per la transizione digitale del settore pubblico. La privatizzazione di poste e la contestuale cessione di PagoPA rischiano di creare un enorme danno al paese: il governo e’ interessato unicamente a fare cassa, senza alcuna visione di sistema e con effetti estremamente negativi in termini di concorrenza e protezione di dati sensibili dei cittadini”.

L’interrogazione del Pd

Nelle scorse settimane il Pd aveva presentato un’interrogazione sulla cessione di PagoPA, evidenziandone le criticità.

Il capogruppo in commissione Bilancio del Senato, Daniele Manca, ha ricordato che l’operazione che “si inserisce nel solco delle privatizzazioni previste dal governo per recuperare 20 miliardi di euro nel triennio 2024-2026, ha suscitato la protesta di molti enti creditizi che denunciano l’aggiramento delle norme sulla concorrenza”.

“Per questo motivo ho presentato una interrogazione al ministero per gli Affari europei e al Mef, sottoscritta da tutto il gruppo del Pd, nella quale chiedo di sapere ‘quali siano le motivazioni che hanno portato al coinvolgimento di Poste italiane Spa nell’operazione di cessione di quote di capitale di PagoPA; se intendano chiarire quale sia li corrispettivo minimo atteso dalla suddetta cessione e quali siano i criteri che saranno adottati dai soggetti nominati dal ministero dell’Economia e delle finanze per la definizione della cessione delle quote di PagoPA alle parti acquirenti”.

Nel mirino anche la questione della concorrenza: si chiede al governo di chiarire se la cessione di quote di capitale di PagoPA a Poste Italiane comporti problematiche di natura concorrenziale e si possano escludere problematiche relative alla protezione dei dati sensibili dei cittadini che si avvalgono di Pago PA, a partire dai metodi pagamento con bancomat e carte di credito.

Sotto la lente del Pd anche la questione dell’allineamento ai target Pnrr. “Chiediamo al governo – precisa Manca – se non ritenga che la cessione di quote di PagoPA sia del tutto in contrasto con gli obiettivi del Pnrre gli interessi della pubblica amministrazione in tema di digitalizzazione e se intendano escludere che da tale cessione non derivi un disimpegno pubblico sul fronte dello sviluppo, della semplificazione, della qualità e della sicurezza dei servizi di pagamento in via digitale, con conseguente pregiudizio per la pubblica amministrazione e gli enti creditori che hanno finora utilizzato la piattaforma di PagoPA”.

Il ricorso del Codacons 

Intanto anche i consumatori affilano le armi.  Sull’operazione PagoPA, il Codacons ha presentato oggi un esposto all’Antitrust e alla Corte dei conti chiedendo di ”accendere un faro sull’operazione” aprendo un provvedimento volto a verificare la correttezza dell’iter seguito dal governo per la cessione delle proprie quote”.

Secondo l’associazione il caso rientra nella normativa speciale contenuta nel decreto legislativo 332/1994 riguardante le procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni’ che prevede, in caso di cessione mediante trattativa diretta di partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, l’invito a potenziali acquirenti, che presentino requisiti di idonea capacità imprenditoriale, a presentare delle offerte’.

”Risulta evidente che il sistema prioritario è il ricorso al mercato (al miglior offerente) con procedura aperta, relegando in via residuale ed eccezionale la negoziazione diretta, in linea con l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato – puntualizza il Codacons – Non sarebbe possibile derogare alla regola dell’evidenza pubblica per il solo fatto che il conferimento della partecipazione abbia luogo a favore di un’altra società in mano pubblica, con l’effetto che la quota non viene in realtà collocata sul mercato, ma permarrebbe sostanzialmente nell’orbita del sistema amministrativo della pubblica amministrazione”.

Anche in tali casi, prosegue il Codacons, ”secondo l’Antitrust, la cessione deve aver luogo mediante gara, per valorizzare al meglio i beni pubblici da alienare che, in definitiva, fanno parte del patrimonio della collettività. Qualora il compenso pagato da Zecca e Poste dovesse essere inferiore al valore di mercato delle quote in PagoPA, si potrebbe ipotizzare una violazione della disciplina sugli aiuti di Stato”.

I timori delle banche

Timori anche dal mondo bancario. Secondo quanto risulta a CorCom almeno un paio di istituti avrebbero sondato il terreno per capire se ci siano gli elementi per fare ricorso all’Antitrust contro il decreto. A preoccupare soprattutto il ruolo di Poste che, svolge anche attività bancarie, potrebbe decidere di chiudere ai competitor l’accesso alla piattaforma e il fatto che il provvedimento assegni alla società guidata da Del Fante una quota rilevante senza gara pubblica.

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