Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.
Risponde Antonio Palmieri, classe 1961, esperto di marketing e comunicazioni online, eletto alla Camera nella lista del Popolo della Libertà, iscritto al gruppo di Forza Italia e membro della commissione Cultura, scienza e istruzione.
Onorevole Palmieri, come nasce l’idea dell’intergruppo sull’innovazione, e che obiettivi vi ponete?
L’idea iniziale è nata da Stefano Quintarelli, e io l’ho subito raccolta perché l’intergruppo poteva avere basi più solide rispetto ai tentativi già fatti in altre legislature, che erano stati un po’ più aleatori.
Quanto ai fini, il primo è aiutare la diffusione della cultura dell’innovazione tra i parlamentari. Il divario culturale che c’è nella classe dirigente italiana, comprendendo anche i media e l’impresa, va eliminato con un’azione continua e costante. L’intergruppo può servire proprio a questo, a partire da un confronto concreto sulle proposte di legge e sugli atti come i decreti legge, i pareri in commissione e le proposte di legge. Poi possiamo aiutarci a migliorare i provvedimenti in modo trasversale, puntando all’obiettivo di migliorare i singoli provvedimenti laddove ci siano elementi che riguardano l’innovazione. Terzo, possiamo essere un interlocutore per il mondo esterno, quindi di supporto a quanti nella società, nell’impresa e nei media promuovono il tema del digitale, per tentare anche nella società un’opera di rimozione del divario culturale.
Siete più di 30 esponenti di partiti diversi e in commissioni diverse, tra Camera e Senato. Qual è il valore di questa sinergia trasversale?
Intanto di aiutarsi a migliorare i provvedimenti dove è necessario, nella forma più opportuna. Ad esempio presentando gli stessi emendamenti con esponenti di diverse forze politiche. Concretamente: adesso abbiamo il cosiddetto decreto Salva Roma, rispetto al quale io e Capezzone per Forza Italia abbiamo presentato un emendamento che lima, per così dire, il contesto fiscale una volta che è stata abolita la web tax, e lo stesso emendamento è stato presentato da Paolo Coppola del Pd e da Di Maio.
Le fa parte della commissione Cultura. Quali possono essere le priorità in questo contesto?
Insisto da quando è iniziata la legislatura su un punto di metodo: le priorità sono di completare i decreti attuativi in giacenza, che sono essenzialmente di competenza del Governo ma che hanno ripercussioni anche nelle singole commissioni. Per fare un esempio, ho presentato un’interrogazione in commissione per capire come mai, nonostante siano state completate tutte le pratiche del bando sulle Smart city, ancora non è stato concretamente dato il via all’esecuzione del bando. Così, utilizzando il sindacato ispettivo nella commissione, si può operare in termini di trasparenza e di funzionamento delle cose, ciascuno a partire dalla commissione in cui è.
Quali sono le resistenze principali che incontrate tra i vostri colleghi?
Dobbiamo partire dal fatto che nessuno è onniscente. Un parlamentare tra territorio, attività legislativa in commissione, in aula, incontri pubblici, non si può interessare di tutto. Così possiamo essere facilitatori, come altri intergruppi svolgono questo ruolo nei nostri confronti. Il secondo è il fatto che spesso non c’è consapevolezza non solo dei contenuti, ma anche dell’importanza che il digitale può avere nei singoli aspetti della società. Per questo sarà importante evangelizzare positivamente i colleghi