SHARING ECONOMY

Papa Francesco testimonial d’oro per AirBnb

I grandi eventi spingono la home rental a scapito degli alberghi. Negli Usa per gli hotel incassi sotto le aspettative con la visita del pontefice. Fitch: “La sharing economy rende difficile la vita alle strutture tradizionali che vogliono alzare i prezzi”

Pubblicato il 30 Set 2015

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I grandi eventi attraggono grandi folle di turisti e visitatori. Accade a Milano con l’Expo, accadrà a Roma con il Giubileo straordinario, è accaduto in questi giorni negli Stati Uniti con la visita di Papa Francesco. Una manna per gli hotel, ma nell’era della sharing economy i modelli di business validi nel passato non sembrano reggere più.

Airbnb ha messo online migliaia di offerte nelle città visitate dal Papa negli Usa nei giorni scorsi e gli albergatori hanno sofferto di una concorrenza che ha intercettato viaggiatori attenti al budget: le loro strutture non si sono riempite come speravano e, soprattutto, non hanno potuto praticare quei prezzi che solitamente vengono imposti nei periodi di massima richiesta. Una notizia positiva per i consumatori, che oggi possono rivolgersi anche agli operatori del cosiddetto “home-rental”, molto meno per i gestori di hotel.

A New York, per esempio, riporta il Wall Street Journal in base a dati di Airdna, Airbnb ha messo online quasi 20mila post con offerte di alloggi. Siccome New York ha circa 116mila camere d’hotel, Airbnb ha accresciuto l’offerta nella città di circa il 17%. A Filadelfia l’offerta di camere è salita quasi del 16% la scorsa settimana per effetto di Airbnb, a Washington di circa il 2,5%. Per Jay Shah, chief executive officer di Hersha Hospitality Trust, gruppo che possiede hotel in tutte le tre città visitate dal Papa, questo è stato un evento in cui gli albergatori americani hanno senz’altro subito l’impatto di Airbnb.

La visita di Papa Francesco non è un caso isolato negli Stati Uniti degli effetti che le nuove aziende legate al mondo delle tecnologie e di Internet hanno sui player tradizionali. Anche gli hotel di Louisville, Kentucky, hanno dovuto vedersela con la concorrenza di Airbnb durante il Kentucky Derby, mentre gli hotel della nota località di vacanze californiana Palm Springs hanno dovuto fare i conti con le tante offerte postate da Airbnb durante il Coachella Valley Music and Arts Festival.

Gli hotel aspettano questi eventi speciali per applicare le tariffe più alte e racimolare i profitti massimi. La crescente disponibilità di alloggi alternativi rende più difficile alzare i prezzi: “Il loro potere di pricing viene limitato”, sottolinea Stephen Boyd, hotel analyst di Fitch Ratings.

Alcuni hotel cercano di minimizzare l’impatto di Airbnb e dei servizi simili sul loro business: “Si rivolgono a un diverso tipo di cliente”, ha dichiarato Christopher Nassetta, Ceo di Hilton Worldwide Holdings. E l’analista di Morgan Stanley Thomas Allen dice che, in base alle sue ricerche sul settore, nei 25 maggiori mercati americani l’impatto di Airbnb è trascurabile. Il numero di giorni in cui gli hotel hanno il 95% o più delle camere occupate è in crescita dal 2009 e l’aumento di prezzo che gli hotel possono applicare nei periodi di alta stagione è invariato.

Altri, come Jon Bortz, Ceo di Peddlebrook Hotel Trust, ammettono invece che la concorrenza che viene da Internet pesa, soprattutto durante i grandi eventi che attraggono tante persone, molte delle quali pagano da sole le proprie spese (contrariamente a chi potrebbe avere il viaggio pagato da un’azienda). E’ accaduto per esempio durante il festival Comic-Con International di San Diego: qui il gruppo Pebblebrook ha due hotel, ma molti dei partecipanti hanno preferito le offerte più accessibili di Airbnb.

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