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Passera: “Il ritardo del governo sul digitale è un reato”

L’ex ministro allo Sviluppo economico punta il dito contro le lungaggini burocratiche, a cominciare dallo statuto sull’Agenzia per l’Italia digitale. E sul “caso” Telecom Italia dice: “Telefonica non può avere prioritario l’interesse del Paese”

Pubblicato il 03 Ott 2013

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Raccontare l’importanza del digitale, ad ampio spettro, e allo stesso tempo denunciare le decisioni sbagliate del nuovo governo: i ritardi sull’Agenda digitale, la scarsa attenzione alla questione Telecom. Sono questi i motivi al centro dell’intervento di Corrado Passera, ex ministro allo Sviluppo economico, oggi all’evento annuale di Between a Capri. Passera, che ha parlato a titolo personale, ha cominciato ricordando quanto fatto dal precedente Governo: “Ci siamo subito occupati di digitale perché sapevamo che avevamo poco più di un anno e il lavoro da fare era grande. Abbiamo lanciato l’Agenzia per l’Italia digitale, come consolidamento di strutture che andavano ciascuna per conto proprio e ciascuna senza legittimizzazione forte. Abbiamo fatto una legge (Sviluppo Bis, Ndr.) che pure è passata dal suo purgatorio ma alla fine ha avuto grande consenso. Sono felice di aver insisttito per la scelta di Ragosa come direttore dell’Agenzia, che si è rivelata la persona adatta (Passera loda poi anche la scelta di Francesco Caio, come Mr. Agenda alla Presidenza del Consiglio, Ndr.). Non bastava creare una entità responsabile, però, ma anche trovare progetti dispersi nelle burocrazie, ridare loro risorse: penso all’identità digitale, al fascicolo sanitario elettronico, ai temi della scuola, la firma digitale. E dovevano essere tutti parte di stessa cosa, di un progetto comune”.

A questo punto è arrivata a strigliata al nuovo Governo: “bisogna accelerare un po’ tutto. Lo Statuto dell’Agenzia era pronto a fine dello scorso Governo, ma ancora non è esecutivo. Non possiamo metterci 6-8 mesi per queste cose. La politica deve capire che è un’atra la velocità a cui va il mondo. Ragosa va avanti lo stesso, supera i problemi, ma tante cose che che potevano essere fatte non sono state fatte per la tendenza al rinvio o alla ricerca della perfezione. Anche l’Agenzia ha bisogno di queste decisioni per operare al meglio. Molti decreti attuativi dell’Agenda digitale vanno approvati e hanno bisogno di un’Agenzia appieno operativo. Tempo perduto vuol dire miliardi in meno di investimenti. In una situazione come quella italiana è un reato rimandare”.

A proposito di scadenze, “per i nuovi fondi UE 201-2020 dobbiamo essere pronti per fine anno. Ma il lavoro da fare in molte regioni deve essere ancora importanti. Non possiamo restituire fondi che altri Paesi dimostrano di saper spendere bene e che sono volano di sviluppo”.

“Può venire da tutto questo la sola spending review smart: quella che funziona senza ridurre servizi e che addirittura può migliorarli”.

Un esempio citato da Passera è il progetto per portare i datacenter della Pa da 4 mila e Importante passare da 4000 a circa 40, “importante non solo per i costi ma anche per la sicurezza. Voi tutti conoscete esempi imbarazzanti: ci sono server della Pa senza nemmeno i presupposti minimi per la sicurezza. I nuovi datacenter devono invece essere il cuore del nuovo cloud computing italiano, inserito nel cloud europeo. Avranno un patrimonio di dati, la cui tutela deve essere ben garantita”.

“Quanto alle startup, adesso abbiamo uno legislazione pari a quella dei Paesi più aperti, sui contratti di lavori, incentivi fiscali, riduzione della burocrazia, fonti di finanziamento innovative come il crowdfunding, diritto fallimentare”.

“Possiamo far nascere decine di migliaia di nuove aziende. I numeri che si cominciano a vedere sulle startup nate sono notevoli”. “Ma c’è un prerequisito di tutto questo”, dice Passera. “Ci sono infrastrutture essenziali che vanno gestite con molta attenzione, da loro dipende funzionamento di tante cose”. Secondo Passera, sulle infrastrutture essenziali bisogna avere fermi tre criteri: separazione tra gestione della rete e utilizzatore principale, grandi investimenti di lungo periodo e amore per il Paese. “Se consideriamo questi tre principi, il pasticcio fatto su Telecom è massimo”. “Non c’è ancora separazione della rete, i debiti degli azionisti rendono difficile investire con ottica di lungo periodo. E Telefonica difficilmente considererà l’Italia come priorità numero uno”.

“Insomma, un pasticcio totale. In certi settori il mercato on basta, bisogna indirizzare le scelte infrastrutturali. C’è un ruolo da svolgere. In certi casi la nazionaltà del’aionarato possa fare la differenza perché si porta dietro priorità di investimento”.

“Spero che la vicenda venga risolta senza ulteriori pasticci, che sarebbero cambiare i criteri dell’opa o varare la golden share ex post e che minerebbero la credibilità del Paese. Vediamo piuttosto se riusciamo a realizzare la separazione della rete, come già fatto con Terna e Snam”.

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