L’indagine formale avviata dall’Antitrust europeo su Sky Uk e le major del cinema americane (Disney, Paramount, Sony, Twentieth Century Fox, NBCUniversal e WarnerBros) mette in allarme l’intera industria creativa europea. Lo scrive Nicholas Hirst in Politico.eu: la vasta riforma del copyright in arrivo e gli attacchi alla pratica del geo-blocking, che finanzia in gran parte l’industria del copyright, grazie alla vendita degli stessi prodotti più volte in diversi mercati e per diverse piattaforme, preoccupano i player del settore anche europei. I prodotti culturali europei rappresenta il settore più esportato: genera il 4,2% del Pil, circa 549 miliardi, secondo un report 2013 dell’European Patent Office e dell’Office for Harmonisation in the Internal Market.
La crociata guidata dal commissario Margrethe Vestager contro le clausole territoriali è già stata definitica “distruttiva” da Disney, ma nella mente della numero uno dell’antitrust europeo ci sono i piani sul Mercato unico digitale. Nell’Europa dove il cittadino può spostarsi liberamente, non è possibile che l’accesso ad un servizio online e l’acquisto di contenuti digitali soffrano di limitazioni territoriali.
“I consumatori Ue vogliono vedere i loro canali di pay-tv indipendentemente da dove vivono o viaggiano in Europa. La nostra indagine mostra che oggi non possono farlo, anche perché gli accordi di licenza tra le major del cinema e Sky Uk non consentono ai consumatori in altri Stati Ue di accedere ai servizi di Sky Uk e Irlanda, via satellite oppure online. Questa è una violazione delle regole Ue sulla concorrenza”, secondo la Vestager.
L’esclusività territoriale e il geo-blocking sono nemici dichiarati del Mercato unico digitale anche per il commissario Andrus Ansip che ha sostenuto che l’accesso ai contenuti da qualunque parte del’Ue dovrebbe essere un “diritto fondamentale”, come ricorda il sito Politico.eu.
Ovviamente l’indagine su Sky Uk non è l’unica in materia, visto che la Commissione sta analizzando gli accordi di licenza tra gli studi cinematografici e altre emittenti europee (Canal Plus Francia, Sky Italia, DTS Spagna, Sky Deutschland). Ma a preoccuparsi non sono solo le major Usa: la territorialità delle licenze è parte integrante del modello di business anche delle industrie creative europee. Che hanno infatti criticato la mossa della Commissione perché “ammettere le vendite passive sarebbe il cavallo di Troia per far cadere completamente le barriere territoriali”. E le barriere territoriali, precisano i player dell’industria creativa, sono necessarie per finanziare le costosissime produzioni. Le rassicurazioni dell’esecutivo Ue sul fatto che sta perseguendo i limiti territoriali non sulle vendite attive (l’emittente non può vendere prodotti in altri Stati) ma solo su quelle passive (l’emittente non può accettare offerte da parte di consumatori di altri Stati dove non sta pubblicizzando i servizi) non sono servite.
La Vestager vuole concludere le sue indagini per inizio autunno e avere così le armi per negoziare i cambiamenti, sottolinea Politico.eu. Se i timori sulla violazione della legge europea antitrust saranno dimostrati, la Commissione potrebbe ordinare a Sky Uk e agli studios americani di eliminare la clausola sulla territorialità. Questo esito non sarà affatto gradito agli operatori europei della pay-tv (un’industria che vale 50 miliardi di euro l’anno, secondo Deloitte): ogni provider teme il momento in cui i propri consumatori nazionali potranno abbonarsi ai servizi di un provider di un altro Paese Ue che ha pacchetti meno costosi o più attraenti.
E mentre la Disney promette battaglia contro le analisi e eventuali decisioni della Commissione europea, è tutta l’industria creativa del nostro continente a mettersi sul piede di guerra, sostenendo che abolire il licensing su base territoriale danneggerà “artisti, investimenti e culture locali”.