L’introduzione del paywall al New York Times ha funzionato. Secondo le stime di Douglas Arthur, analista di Evercore Partners, nel 2012 il “muro di pagamento” inaugurato a marzo 2011 (si possono leggere gratis 10 articoli al mese, poi ci si deve abbonare) ha generato circa 91 milioni di dollari. Si tratta del 12% del totale degli abbonamenti, che ammontano in tutto a 768,3 milioni di dollari. Una cifra superiore – per 52,8 milioni di dollari – a quella derivante dalla pubblicità. Questi numeri, sottolinea l’esperto, riguardano il quotidiano New York Times e l’International Herald Tribune, considerata l’edizione europea del Times.
Per gli osservatori si tratta di una pietra miliare nelle regole economiche interne del giornalismo americano che finora si basava sul tradizionale rapporto 80-20, ovvero l’80% dei ricavi dalla pubblicità e il 20% dalle vendite: una proporzione considerata salutare negli anni scorsi ma che attualmente, con la crisi della carta stampata, è risultata non più sostenibile.
Altro segnale importante: gli abbonamenti stanno crescendo a un ritmo molto rapido. Nei primi 12 mesi dal debutto del paywall, Times e International Herald Tribune hanno incrementato la circolazione del 7,1% rispetto ai 12 mesi precedenti, mentre l’advertising è sceso del 3,7%. In pratica la vendita di abbonamenti ha ampiamente compensato le perdite sul fronte degli introiti pubblicitari.
Gli abbonamenti digitali non sono comunque l’unica ragione per l’aumento degli introiti del New York Times: il quotidiano ha anche alzato del 4% i prezzi di vendita. In ogni caso la buona performance delle sottoscrizioni online ha smentito i molti, tra cui numerosi blogger, che sostenevano che il paywall avrebbe allontanato i lettori, abituati a usufruire gratis delle notizie online. Comunque gli articoli del New York Times restano visibili gratuitamente su Facebook e Twitter.