Il ruolo della formazione è cruciale per la sfida digitale delle Pmi. Non solo per i dirigenti e quadri delle grandi, ma anche per i manager e gli imprenditori delle piccole e piccolissime. Eppure, quello che un rapporto di una decina di anni fa definiva “il costo dell’ignoranza informatica” rimane, e anzi si allarga. “È un gap fatto di cose banali ma importanti: non saper cercare cose su internet, non riuscire a rimettere assieme tabelle di excel scombinate. Cose banali, non hard skill in senso stretto. Ma il costo complessivo è enorme. E poi c’è il tema più grande, quello che riguarda la cosiddetta e-leadership”, sottolinea Federico Mioni, direttore di Federmanager Academy.
Mioni come bisogna procedere?
Il cambiamento in azienda si può portare avanti in modo efficace se ci si appoggia agli strumenti Ict. L’esempio più clamoroso è la spinta dei social. E poi lo smart working, che sarebbe provvidenziale per le Pmi.
Di cosa si tratta, in concreto?
Viene fraintesa con il telelavoro, ma non è la semplice dislocazione delle stesse funzioni altrove. Non parliamo insomma di spostare la scrivania dall’ufficio a casa o al bar ma di un’operazione più complessa, con sinergie che nascono dall’utilizzo delle tecnologie.
Ma le Pmi quale tipo di formazione chiedono?
Puntano a quella che io chiamo una guerra di posizione: formazione per riuscire a resistere in tempi di crisi, riducendo i costi, aumentando il controllo di gestione e il controllo del cash flow. In realtà cerchiamo di dire loro che la guerra dei mercati si vince praticando una guerra di movimento: più creazione di valore, prodotti e processo, con l’obiettivo di allargare le dimensioni di mercato. La guerra di posizione è passiva, difensiva e prima o poi arriva il cecchino, cioè l’azienda straniera, che ti impallina. Magari dalla Cina, dove molti delocalizzano. Invece la guerra di movimento vuol dire portare in Cina i prodotti per venderli.
Il tema delle generazioni è molto caldo; nonni, padri, figli, storie che si sovrappongono. Cosa trovate quando le Pmi vengono da voi?
La questione non è tanto quella dei benefici dell’innovazione tecnologica in un’azienda familiare, ma la miopia della generazione più anziana, che spesso sbaglia. Il fondatore o non ha fiducia verso i figli oppure affida loro tutto. Il consiglio ai piccoli è di mandare i figli a farsi le ossa in aziende diverse per settore, per business model e per territorio. Solo così possono crescere e alzare lo sguardo dall’ombra dei genitori-imprenditori.
Cosa non vi chiedono le Pmi?
Non ci chiedono corsi di strategia. Almeno, quelle che producono per l’Italia. Quelle invece che chiamiamo le multinazionali tascabili, vocate all’export, ce li chiedono perché hanno bisogno di scenarizzare una realtà più complessa e articolata.
Cosa devono studiare manager e imprenditori per prepararsi alle nuove sfide?
Le faccio una premessa: le risorse infinite non sono più quelle fisiche. Ci sono solo le energie rinnovabili oppure i dati. Il Big data è un fenomeno che gran parte delle Pmi non conosce neanche. Ci sono killer application per interi settori che ignorano. Altro fenomeno è la stampa 3D, i fab lab e tutto il resto. Questo è rivoluzionario ma non viene ancora percepito. Il punto è nella logica implicita: il sogno di ogni cliente è di comprare quel di cui ha bisogno quando gli serve nella quantità giusta. Le stampanti 3D realizzano esattamente questo. Ci vorrà tempo, ma questo metterà in cirsi intere filiere di Pmi che lavorano nella fornitura perché i clienti tradizionali cominceranno a chiedere ai maker di fare quello che prima facevano le Pmi. Bisogna cominciare a lavorare oggi sulle competenze, sulle conversioni tecnologiche, sulla presa di coscienza di questo fenomeno.
In conclusione: qual è lo sbaglio strategico che emerge guardando la domanda di formazione attuale?
Tante Pmi vengono a chiedere linee guida per poter andare avanti, e questo è un obiettivo dignitoso. Ma sbagliano quale lepre inseguire. Cercano di arrivare alla riduzione dei costi ma dovrebbero puntare alla creazione di un valore maggiore. Perché è l’unico che permetta di accantonare risorse per la crescita strategica. A risparmiare troppo invece si rischia non di dimagrire ma di diventare anoressici, distruggendo il potenziale dei propri uomini e donne.
Pmi digitali, Mioni: “Più competenze per vincere la sfida dell’innovazione”
Il direttore di Federmanager Academy: “Baby boomers, generazione X, millenials e figli di Internet. In azienda serve un mix che ridisegna regole e ruoli”
Pubblicato il 08 Apr 2015
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