SHENZHEN – “L’economia globale è sempre stata dominata dai grandi giganti. Ma ora stiamo vivendo una nuova era che, guidata dall’innovazione, dà la possibilità a singoli e Pmi di alzare la voce e innovare il mercato. E l’Italia può essere protagonista di questa transizione”. A scommettere sulle nuove generazioni e sulle piccole e medie imprese italiane è Jeffrey Kang, ceo di Cogobuy e presidente di Ingdan, divisione della stessa Cogobuy che sostiene startup e Pmi innovative focalizzate sull’IoT
CorCom ha incontrato il numero uno del colosso cinese dell’e-commerce di elettronica a Shenzhen, a poche ore dall’apertura dell’edizione 2016 di Apec Smetc, (Small and Medium Enterprises Technology Conference), ossia il più importante evento in Asia sull’innovazione tecnologica, che attrae oltre mezzo milione di visitatori e quest’anno vede Ingdan tra i co-organizzatori. Nella sala meeting dell’Experience Center della divisione per l’IoT Kang ci racconta i suoi progetti a tutto campo: il lancio di Super E-Commerce, nuovo servizio targato Cogobuy per le imprese che vogliono vendere online e trovare capitali tramite il crowdfunding, ma soprattutto le sfide innovative che animeranno l’asse Italia-Cina nei prossimi anni.
Infatti, specialmente nei piani di Ingdan, il nostro Paese rappresenta un’area prioritaria e strategica. “Credo che loro saranno il migliore esempio di cosa Ingdan possa offrire alle startup e alle Pmi innovative italiane” – spiega a CorCom riferendosi alle 6 startup italiane che, dopo la vittoria del contest promosso da Ingdan alla Maker Faire di Roma, espongono in questi giorni all’Apec accompagnati dall’Ad di Ingdan Italia, Marco Mistretta, intervistato da CorCom lo scorso aprile e fresco di partnership stretta con il Polihub di Milano. Tra un “understanding gap”, che frena gli investimenti cinesi nella tecnologia italiana, la necessità di “ecosistema innovativo sano ed alimentato day by day”, che dia una scossa all’economia globale, e una Brexit che “potrebbe rivelarsi un driver di innovazione”, l’amministratore delegato di Cogobuy nonché presidente di Ingdan disegna per il nostro Paese un futuro IoT ricco di opportunità.
“La moda è l’esempio della grande innovazione di cui sono capaci gli italiani, ma avete una nuova generazione che ha le potenzialità per ottenere risultati importanti anche nel campo tecnologico”. Per Kang, insomma, oltre al food and fashion il Belpaese potrebbe dire la sua anche sul versante hi-tech. Ma, avverte, senza road map di business definite e regole chiare, la strada, soprattutto sul versante degli investimenti stranieri su startup e Pmi tricolori, rischia di essere in salita.
A fine giugno avete annunciato il lancio del progetto Super e-commerce: quali sono i vostri target di mercato e quali gli obiettivi a medio termine?
Ingdan è la più grande piattaforma di servizio per le compagnie IoT e abbiamo attratto oltre 13mila società di Internet of Things, connettendole con 10mila imprese manifatturiere cinesi di hardware e software per aiutarle a produrre. Il progetto B2B2C si inerisce in quest’ottica e partiamo dalla Cina, perché l’80% dei progetti IoT che stiamo seguendo è nato qui. Ma abbiamo anche iniziative nate nella Silicon Valley, Israele, Giappone e Europa. In Italia abbiamo creato Ingdan Italia per espandere il nostro business in Europa ed è là che vogliamo portare Super E-Commerce. Il nostro obiettivo è creare una porta d’ingresso che consenta alle corporation e alle Pmi innovative di tutto il mondo di raggiungere il mercato cinese.
Quale contributo si aspetta dall’Apec 2016 per l’universo IoT?
Questa edizione sarà interamente incentrata sulla tecnologia e sull’innovazione, perché è l’unico modo per creare un ecosistema che sostenga e spinga gli innovatori. Siamo riusciti a focalizzare l’evento solo sul futuro. La scelta di Shenzhen non è casuale, visto che si tratta della capitale cinese dell’innovazione. Oltre alle istituzioni governative, ci sarà tutto il mondo tecnologico. Non solo le più grandi multinazionali hi-tech come Philips, Intel, Microsoft e Baidoo, ma anche più di 100 piccole e medie imprese innovative. La creazione di un’alleanza globale per l’innovazione IoT è una chiave di volta per il futuro, soprattutto per i 5 focus dell’evento: robotica, smart auto, smart home, healthcare e big data. Nei prossimi 2 anni saranno questi i segmenti che guideranno il mercato dell’Internet of Things.
Secondo lei ci sarà dunque più spazio per le Pmi? Per l’Italia sarebbe una grande notizia…
Dobbiamo distinguere tra il vecchio sistema e quello che si para davanti ai nostri occhi. L’economia globale è sempre stata dominata dai grandi giganti e le più grandi innovazioni sono sempre arrivate da loro. Il paradigma è dominante è stato ‘il più grande, il migliore’, o ancora ‘troppo grande per fallire’. Ma l’economia sta ora vivendo una nuova era che, guidata dall’innovazione, dà la possibilità a singoli innovatori e Pmi di alzare la voce e innovare il mercato. Questo è il motivo per cui Ingdan ha deciso di creare una piattaforma Internet per l’innovazione e puntare sulla condivisione dei saperi e delle tecnologie. Il nostro obiettivo è democratizzare l’industria IoT. Se saremo capaci di farlo, potremo aiutare chiunque fa innovazione a raggiungere il mercato reale, reinventando i servizi per le imprese: supply chain, investimenti, vendite, trasporti e risorse umane. Ingdan vuole fare da superconnettore di questi segmenti, con un focus specifico sull’IoT.
Grazie al contest che avete promosso alla Maker Faire Rome 6 startup italiane esporranno le loro innovazioni durante la 3 giorni di Shenzhen. Che significato assume la loro presenza?
Credo che loro saranno il migliore esempio di cosa Ingdan può offrire alle startup e alle Pmi innovative italiane. La catena di distribuzione, le strategie di sale marketing e gli investimenti sono solo alcuni degli aspetti su cui offriamo loro supporto per entrare in Cina. Le 6 startup hanno una grande possibilità per farsi conoscere in Cina e noi le aiuteremo.
Avete scelto l’Italia per il lancio di Ingdan in Europa. Cosa vi ha spinto a preferirla ad altri Paesi?
Per la stragrande maggioranza dei cinesi l’Italia è sinonimo di moda, innovazione e creatività. Il primo driver della moda è l’innovazione e questo vale tanto più per l’IoT. L’Internet of Things, come il mercato del fashion, combina diversi fattori. Non si tratta solo di sviluppare hardware, ma combinarlo con i software, con il design e altri aspetti fondamentali. Siete i pionieri dell’innovazione nella moda, ma avete una nuova generazione che ha le potenzialità per ottenere risultati importanti anche nel campo tecnologico. Sono proprio questi gli elementi che ci hanno spinto a scommettere sull’Italia come punto di partenza per l’espansione di Ingdan in Europa. Dopo aver coperto la Silicon Valley e Israele ci è sembrata la scelta migliore, anche se non vogliamo fermarci: nei nostri piani ci sono la Svizzera, la Germania e l’Inghilterra.
È soddisfatto della risposta avuta dal nostro tessuto innovativo?
Non siamo cresciuti in Italia come avevamo preventivato, puntando in alto e seguendo i ritmi di crescita a cui siamo abituati in Cina, che sono però difficili da tenere. Avevamo fissato come obiettivo del nostro 1° anno di vita l’ingresso di 2mila progetti nella piattaforma di Ingdan, che difficilmente riusciremo a centrare. Avremo probabilmente bisogno di più tempo. Sicuramente l’ampliamento dei servizi alle startup e alle Pmi innovative che abbiamo realizzato negli ultimi tempi ci aiuterà a minimizzare il ritardo. Crediamo che il modo migliore per supportare l’innovazione sia offrire servizi a 360 gradi, capendo prima di tutto insieme all’impresa ciò di cui ha bisogno.
Se i suoi connazionali investitori avessero anche la metà del suo interesse per l’Italia pioverebbero finanziamenti…
Il problema principale è che esiste un ‘understanding gap’. Gran parte dei capitali cinesi non riesce a comprendere il mercato italiano al punto da spingersi a investire. Eppure gli innovatori tecnologici non vi mancano. Non a caso Ingdan sta investendo molto sulla creazione di una community, che favorisca uno scambio più fluido di informazioni tra le imprese italiani e gli investitori cinesi.
Quando lei parla di understanding gap si riferisce a qualcosa di specifico?
Un investitore, prima di scommettere i suoi soldi, vuole avere le idee chiare su tutto, dal business model fino alla cultura del Paese su cui scommette. Bisogna offrire ai capitali road map di business definite e regole chiare, che li spingano a convincersi del fatto che quella specifica startup o impresa innovative sia in grado di conquistare e scalare il mercato. Esistono due realtà che oggi non comunicano efficacemente: da un lato i capitali cinesi e gli investitori globali, dall’altro le imprese innovative che hanno bisogno di risorse economiche, mercato e altro ancora. Noi stiamo cercando proprio di aumentare lo scambio di informazioni e ridurre questo gap.
Quindi il problema è solo comunicativo?
Assolutamente sì, ma Internet può darci una grande mano. La Rete ha ridotto la distanza tra le persone, che nel futuro sarà minima. Non importa dove ci si trovi nel mondo, perché basta una connessione per accedere alle informazioni che servono. Una community di innovatori come quella che stiamo creando si fonda su questo presupposto e garantisce benefici per tutti.
Quando vedremo un Ingdan Experience Center come quello di Shenzhen in Italia o quantomeno in Europa?
Presto. La struttura di Shenzhen dimostra che servono anche i canali offline. L’Experience Center fornisce agli imprenditori locali un contatto diretto con l’innovazione, permettendo loro di toccare con mano i progetti e le soluzioni. Un rapporto più utile e concreto tra innovatore e produttore aiuta a ridurre il tempo che passa tra la nascita di un’idea e la creazione di un prodotto, garantendo anche risparmi sui costi e l’individuazione di business model più efficienti. Un luogo come quello che abbiamo creato qui a Shenzhen è anche in grado di ospitare meeting con i partner, eventi per mostrare ai propri fan le ultime novità e far incontrare imprenditori innovativi e investitori. Perché un ecosistema sano ed alimentato day by day ha grandi probabilità di successo.
Ha detto di voler portare Ingdan anche in Inghilterra. Lo scenario post Brexit non vi spaventa?
L’incertezza che regna ora non aiuta, ma non è nemmeno una novità per l’Europa. Anche per questa ragione nell’ultimo anno abbiamo preferito consolidare la nostra presenza negli Usa e in altri Paesi prima di accelerare in Europa. Ma in ogni caso il dado è tratto e i prossimi 6 mesi saranno importanti per capire cosa accadrà. Saremo più attenti, ma vogliamo comunque perseguire l’obiettivo di espanderci oltre i confini italiani.
Quindi crede che il panorama economico europeo non cambierà più di tanto?
Le preoccupazioni nei mercati finanziari europei non mancano. Ma questi timori potrebbero anche spingere la transizione verso i nuovi i modelli economici dominati dall’innovazione. Da un problema può spesso nascere un’opportunità: il business non ama l’incertezza, ma quando sorge bisogna affrontarla. Solo chi fa delle scelte e si assume dei rischi può superare il mare agitato. Questo è esattamente l’identikit di chi innova e, dunque, la mancanza di certezze potrebbe rivelarsi un driver di innovazione.