Il dossier dei dossier sul tavolo del Governo Meloni nella partita della transizione digitale sarà quello della scuola. Ne è convinto Lorenzo Greco, Chief Revenue Officer del Gruppo Lutech, secondo il quale non solo “l’investimento sul Pnrr deve assolutamente andare avanti” ma “rappresenta la priorità”. Greco teme uno sfilacciamento nella fase di execution: “Quel che temiamo è la frammentazione di risorse e progetti. Ci sono 1,5 miliardi a disposizione ma erogare migliaia di euro per singolo istituto senza avere un’idea di come vengano spesi i soldi e soprattutto quali siano le lacune non ha senso”.
Greco, come fare allora a mandare avanti il progetto nella maniera giusta?
Abbiamo già vissuto l’esperienza del Covid: se si lascia la gestione ai singoli istituti il risultato è che ci si trova con scuole super-avanzate e altre che non hanno nemmeno la connessione a internet. Non bisogna lasciare solo ai dirigenti scolastici l’onere dei progetti, che invece vanno integrati in logica di sistema e gestiti da chi ha competenze. Serve una regia centrale con la mobilitazione dei principali player nazionali. Come Lutech ci proponiamo come guida di un consorzio-polo che permetta questa sfida.
La scuola dunque è la priorità. E sulla digitalizzazione della PA cosa ne pensa?
Intanto mi lasci dire che non sono d’accordo con chi demonizza la pubblica amministrazione e sostiene che la digitalizzazione è all’anno zero: la digitalizzazione c’è, magari a macchia di leopardo, magari concentrata sulle PA centrali e sulle grandi PA locali, ma i passi in avanti sono stati enormi e c’è un elemento che non viene spesso preso in esame e cioè che l’offerta dei servizi digitali è più ampia della domanda. La PA per certi versi è più avanti rispetto alla capacità media del cittadino di usarle i servizi digitali. Ed è su questo fronte che bisogna lavorare. Lutech è leader nel Crm as a service e dunque abbiamo tutte le carte in regola per aiutare la PA a trasformare la relazione con i cittadini e le imprese. Fare la PA digitale significa erogare servizi digitali e la questione non è tecnologica né di risorse perché ce ne sono in abbondanza. Nei primi nove mesi dell’anno abbiamo portato a caso 5 accordi quadro che riguardano la trasformazione verso il cloud nella parte Iaas-Paas e soprattutto la produttività individuale e la collaboration. E sono in fase di aggiudicazione altri accordi sui servizi applicativi in cloud e il mondo Crm as a service.
Andiamo agli investimenti, quelli in Puglia in particolare. Avete appena annunciato una nuova tranche da 10 milioni che vanno ad aggiungersi ai 14 già messi in campo a inizio 2022 per il polo di Valenzano, in provincia di Bari. Perché proprio la Puglia?
Per due ragioni fondamentali. La prima è che l’amministrazione regionale e quelle locali hanno lavorato molto e bene negli ultimi anni per incentivare e attrarre investimenti nell’ambito technology e per utilizzare in maniera accorta i fondi europei. La seconda è che il contesto è supportato da un’ottima offerta universitaria. Dunque la Puglia è una regione che ha saputo creare un circolo virtuoso favorevole all’innovazione. Peraltro le annuncio che stiamo lavorando a una sperimentazione da avviare con Acquedotto pugliese e sono in corso anche altre interlocuzioni. La digitalizzazione e l’innovazione delle infrastrutture – anche e soprattutto quelle delle utilities – sarà fondamentale da qui ai prossimi anni e abbiamo deciso di avviarci in questa sfida con un focus sempre più forte sull’infratech.
Su cosa state lavorando nello specifico?
Stiamo lavorando su due direttrici: il nostro polo di innovazione punta a diventare un centro di delivery per portare avanti tutta una serie di progetti negli ambiti fintech, loyalty, energy per portare avanti, ad esempio, progetti nell’ambito dell’infratech e quindi della digitalizzazione e innovazione delle reti. Il polo di Valenzano diventerà inoltre il nostro centro di ricerca e sviluppo sulle tecnologie quantum computing, digital twin e artificial intelligence grazie alle competenze che saranno create a Bari.
Puntate a 500 esperti in cinque anni, sono molti. Riuscirete a trovarli?
Il tema delle competenze è senza dubbio un tema caldo e va gestito. Il mercato è sempre più competitivo e per questo già da tempo ci siamo organizzati con una funzione ad hoc di talent acquisition e una serie di iniziative votate a individuare le risorse migliori sul mercato. Senza dubbio ad oggi l’offerta di lavoro da parte delle aziende è superiore alla domanda ma si può pensare, ad esempio, a politiche retributive differenziate per attrarre le figure più pregiate.
Il 2022 va verso la chiusura, la crisi incombe e lo scenario si fa sempre più complesso. Come sta andando in casa Lutech e quali prospettive per il 2023?
Riguardo al 2022 prevediamo di chiudere l’anno in linea con la crescita stimata e quindi fra il 6-7%. Sul 2023 è difficile fare previsioni ma ci stiamo preparando per diversi scenari. Ma siamo ottimisti: quanto accaduto durante il Covid è una cartina di tornasole importante. Il digitale è anticiclico e anzi nei momenti di crisi diventa ancor più importante spingere gli investimenti in tecnologie e servizi in grado di migliorare l’efficienza operativa e abbattere costi e disfunzioni. Non credo comunque che gridare agli allarmismi sia il modo corretto di approcciarsi: sicuramente la situazione è complessa ma il mercato del digitale crescerà, magari con tecnologie che andranno meglio – penso ad esempio al comparto cybersecurity e a quello dell’analisi dei dati – ed è anche normale in uno scenario in evoluzione. Inoltre si apre tutto un capitolo importante sul fronte della PA.