L'INTERVISTA

Pnrr, il modello a matrioska di Impianti Spa per innovare i territori

Simone Lo Russo, amministratore unico e fondatore, illustra i quattro pilastri della strategia aziendale: “Puntiamo su un portfolio innovativo e su partnership consolidate per spingere sulla crescita, unendo l’approccio da system integrator al business development”

Pubblicato il 27 Apr 2022

Foto di Simone Lo Russo

Un modello organizzativo innovativo, che punta sulla presenza costante al fianco dei propri clienti, su un’offerta che sia in grado di anticiparne le necessità e di colmarne le criticità digitali, mettendo in campo il massimo della flessibilità e della scalabilità. È la linea di sviluppo scelta da Impianti Spa, system integrator con sedi a Roma e Carate Brianza, attivo nel campo dell’Ict e in quello dell’audio-video. Si potrebbe definire un modello “a matrioska”, per la sua capacità di cambiare pelle e adattarsi volta per volta alle necessità del momento, intervenendo con soluzioni su misura rispetto alle esigenze dei clienti. A parlare delle nuove sfide che l’azienda si trova ad affrontare, è l’amministratore unico Simone Lo Russo, che illustra i quattro pilastri del business dell’azienda, e che spiega come il periodo della pandemia abbia aperto nuovi scenari e nuove possibilità.

Lo Russo, Impianti ha 30 anni di storia. Come siete cambiati in questo periodo?

Quando nel 1992 ho fondato Impianti Spa, l’azienda è nata essenzialmente come un system integrator in grado di lavorare in modalità custom in base alle esigenze del cliente. Oggi possiamo dire di essere al 49% un system integrator, ma al 51% un business developer. Il nostro scopo è quello di sviluppare nuovo business basandoci sulle necessità dei nostri clienti, fornendo loro le migliori soluzioni nei tempi più rapidi. Con il tempo e con l’esperienza siamo riusciti a dare vita a un modello in grado di intercettare le nuove esigenze del mercato, che in Italia, nell’ultimo decennio, è stato caratterizzato da una riduzione della presenza territoriale dei giganti dell’Ict. Prima avevano una forza di vendita e di consulenza capillare sul territorio, mentre oggi hanno meno risorse a disposizione e quindi non riescono a coprire a pieno la potenziale platea dei loro clienti. In molte aree del Paese, ad esempio, le aziende del calibro di mille dipendenti vengono seguite con difficoltà dai grandi player: una circostanza che ci ha consentito di ricavare per noi l’opportunità di farci apprezzare per il nostro approccio innovativo ed estremamente collaborativo.

Qual è la strategia che avete utilizzato per farvi largo in un ambiente che rimane comunque molto competitivo?

I principi che ci hanno guidato sono essenzialmente due. Il primo consiste nel seguire i clienti in modalità proattiva, e non reattiva. Senza limitarci cioè ad ascoltare le loro richieste, ma muovendoci per fare in modo di anticiparle e di rispondere al meglio. Chiudiamo continuamente nuovi accordi con i fornitori e partnership con i vendor. Abbiamo l’obiettivo di rendere la nostra offerta “frizzante”, raccontare cosa c’è di nuovo sul mercato e metterlo a disposizione in real time, oltre che vendere prodotti legacy. Il nostro portfolio ci consente di essere “Value added reseller”, alleati di vendor leader di mercato che consentono di aumentare la spinta sui canali, di fare grandi volumi e di proporsi come business developer.

E il secondo principio?

È la nostra forza da Value added distributor, che ci consente di collaborare con brand innovativi che non sono presenti in Italia. Con l’emergenza causata dalla pandemia abbiamo parzialmente modificato il nostro modello di business: se prima del 2020 lavoravamo sul venduto, da quel momento in poi abbiamo Iniziato ad avere stock in pronta consegna: scegliamo i prodotti che riteniamo facciano al caso nostro e li immagazziniamo per poter lavorare in “pronta consegna” con i nostri clienti. La pandemia ci ha insegnato – con il passaggio repentino allo smart working di milioni di persone contemporaneamente – che la rapidità della fornitura, e quindi la disponibilità dei prodotti, è considerata un plus e, talvolta, è persino considerata più importante del prezzo stesso.

Per quanto concerne la scelta di nuovi vendor stranieri da implementare sul mercato italiano, ci rivolgiamo principalmente ad aziende manifatturiere prettamente del Nord America, Israele, Giappone e Sud Corea, con una produzione ad alti standard qualitativi. Lo scouting di nuove soluzioni e tecnologie è rivolto a produttori di nicchia, che non si sono ancora aperti all’internazionalizzazione, con i quali stringiamo accordi di distribuzione esclusiva. In questi casi ci occupiamo di tutto: dal lancio del prodotto sul mercato fino al supporto post-vendita.

Che feedback state avendo dai vostri clienti su questa strategia?

In entrambi le vesti, quelle di value added reseller e quelle di value added distributor, non ci limitiamo a vendere prodotti o di soluzioni, ma utilizziamo questo primo contatto per dare inizio a un rapporto di collaborazione che in futuro ci consentirà di consolidare maggiormente la partnership al fine di poter collaborare su nuovi progetti. Riusciamo ad attirare l’attenzione dei nostri clienti anche grazie alla curiosità che siamo in grado di generare con le nostre proposte innovative. È una delle caratteristiche che ci ha consentito di fare breccia nel mondo Telco: le nostre partnership con gli operatori sono sell-through: non vendiamo loro prodotti o servizi per uso interno, ma ci proponiamo come partner strategico affinché loro possano vendere ai loro clienti diretti soluzioni innovative e tailor-made.

Con il Pnrr aumenteranno le opportunità di business. Come vi state preparando?

La sfida principale è quella di essere ben presenti sul territorio per sfruttare le opportunità e offrire un servizio di alto livello. Abbiamo già un network di partner tecnici in tutta Italia per andare in questa direzione: si tratta di una rete di aziende medio-piccole e altamente specializzate, grazie alle quali riusciamo a offrire un servizio di qualità in tempi ristretti sul territorio italiano. Abbiamo scelto di collaborare con queste realtà proprio perché ci consentono di offrire un servizio di livello elevato in tempi ristretti. Di questi tempi la velocità nell’offrire il servizio è cruciale e, grazie a questi service level agreement, siamo in grado, per esempio, di garantire il ripristino dei servizi entro 4 ore. Il nostro modello è il “Km 100”: poter servire un cliente arrivando da lui nell’arco di un’ora.

Conta più la consulenza o la composizione del portfolio?

Non è un mistero che la consulenza sia un aspetto fondamentale: conoscere il cliente, le sue necessità e il business model è imprescindibile al fine di poter far fronte alle sue esigenze. Però bisogna dire che, al fine di offrire un “sevizio a valore”, è importante disporre di un portfolio ricco di prodotti innovativi e performanti. Diciamo quindi che l’aspetto consulenziale sia fondamentale, ma lo sono anche l’expertise, la profonda conoscenza tecnica del prodotto e la competenza
Avere a disposizione un portafoglio di offerte molto ampio ci consente di supportare il cliente e di guidarlo, talvolta anticipando le eventuali necessità.

È d’accordo sul fatto che la pandemia sia stata uno spartiacque per la digital transformation?

Assolutamente, ha accelerato processi che altrimenti si sarebbero sviluppati in un arco compreso tra i 3 e i 7 anni. Il digitale è diventato una priorità non soltanto per i reparti IT, ma per ogni settore aziendale, compresi HR e real estate. Oggi gli amministratori delegati e le risorse umane hanno toccato con mano come sia semplice e utile la videocomunicazione, e hanno dovuto attrezzarsi – aggiornando anche la dotazione – per lo smart working e per il lavoro ibrido, mettendo in primo piano semplicità e comfort. Prima c’erano una serie di progetti avviati ma non seguiti con convinzione: se dovessimo – nella tragedia della pandemia – trovare un aspetto positivo questo dal mio punto di vista è l’effetto “booster digitale” che ha dato alle imprese e alla PA.

Ad attirare di più i potenziali clienti è il contenimento dei costi o l’aumento di competitività?

Dal mio punto di vista i due aspetti sono strettamente collegati. Con il digitale – basterebbe fare l’esempio dell’adozione di soluzioni cloud – assistiamo a una grande semplificazione, che comporta contemporaneamente un contenimento dei costi ma anche una serie di nuove opportunità di business. Grazie a questa dinamica a parità di budget, ad esempio, le aziende possono fornire strumenti innovativi a una platea più ampia di dipendenti offrendogli la possibilità di lavorare meglio. Gli strumenti che prima erano a disposizione solo dei vertici aziendali, come quelli per le videoconferenze, grazie alla videocomunicazione sono a disposizione di tutti i dipendenti, e questo determina un’accelerazione per l’intera azienda.

Queste nuove opportunità si aprono finalmente anche per la Pubblica amministrazione?

È interessante notare come la propensione al digitale sia in questo momento più alta nella PA che in molte piccole e medie imprese. Essendo tradizionalmente un ambiente più resistente al cambiamento, la Pubblica amministrazione era finora rimasta indietro, e quindi oggi è nella condizione di effettuare il passaggio in maniera più rapida e diretta rispetto a chi si è avvicinato all’innovazione a piccoli passi e ora ha investimenti già fatti da salvaguardare. La PA è oggi un terreno fertile, soprattutto a livello centrale e nella parte alta delle amministrazioni locali, grazie anche all’iniezione di investimenti che viene da Pnrr, e che consentirà l’ingresso di un grande numero di giovani, più predisposti al digitale e all’innovazione.

Per concludere, che anno sarà il 2022 per Impianti Spa?

Fino a poche settimane fa si prospettava come un anno estremamente promettente, c’erano tutti gli elementi per poter immaginare mesi di crescita. Poi con la crisi internazionale dovuta al conflitto Russia-Ucraina sono subentrati una serie di elementi che oggi non possiamo intercettare e che destano preoccupazione, dai costi dell’energia alla carenza di materie prime alle difficoltà per la logistica. Si tratta di elementi che possono influenzare negativamente la capacità di investimento o causare shortage di prodotti. Più che essere preoccupato, in ogni caso, preferisco rimanere occupato, a capire come potrà evolversi la situazione e trovare le soluzioni che si renderanno necessarie.

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