Ilvo Diamanti, in Democrazia ibrida (Editori Laterza), individua tra rappresentati e rappresentanti una irrisolta tensione che nasce dal contrasto tra desiderio di partecipazione dei cittadini e la sfiducia nei confronti della classe politica, che essi stessi, per altro, eleggono. L’accresciuto peso di Internet rispetto alla Tv fa esplodere, o forse fa evolvere, il modello che Berlusconi aveva incarnato: quello basato sulla comunicazione diretta tra leader ed elettori, sul “Partito del Capo”, detentore anche del marchio.
Diamanti vede in Renzi e Grillo i consapevoli manipolatori di quel modello, nato tutto televisivo e mutatosi in altro, nelle loro mani e per loro iniziativa, con l’uso di internet e dei social network. Convince l’idea che l’affiancamento di Internet alla Tv rappresenti un passaggio critico, stretto tra velleità di partecipazione popolare diretta e volontà dei leader di raggiungere gli elettori con messaggi populisti. Da queste irrisolvibili tensioni i leader e padroni dei partiti potrebbero anche emergere come leader-senza partiti. Intanto, le risorse fiscali si concentrano in mano allo stato – per lo meno in Italia. Parallelamente, ma a livello mondiale, le risorse prodotte dall’accesso alla rete si concentrano nelle grandi agenzie pubblicitarie online: Google, Twitter, Facebook, etc.
Il saggio di Diamanti ci racconta questi passaggi ed è dotato di documentazione e di testimonianze di assai diverso tono: dall’allegro non troppo di Eco alla marcia funebre di Morozov. Yves Meny cerca una via di uscita dai rischi del populismo. Poichè il populismo moderno si alimenta e si costruisce perfino sui media, oggi esso passa per Internet. Meny suggerisce che la tensione federalista avvicina rappresentante e rappresentato, e potrebbe canalizzare il populismo su temi vicini al cittadino. Qualcosa del genere avvenne negli Stati Uniti, quando nel Novecento riuscirono a tutelare la libertà, canalizzando il populismo verso una partecipazione decentrata, ma non distruttiva della fiducia nell’assetto democratico. Alcuni territori (non solo in senso geografico) delle scelte pubbliche, sarebbero delegabili a forme di democrazia di Internet, altri no. Un nuovo federalismo è comunque necessario se si vuole che rappresentante e rappresentato diventino responsabili del voto e del controllo degli eletti: no taxation without representation vale anche per coloro che sono tassati e non solo per i governanti. Ma un progetto federalista è comprensibile, per gli elettori, se si fonda sulla accountability dei rappresentanti, ossia sulla loro responsabilità, diretta e dichiarata, sull’uso delle risorse. Quelle risorse che ricevono a livello locale con le tasse: siamo lontani, come si vede, dalla neocentralizzazione fiscale in atto.