Dopo l’annuncio di un nuovo centro europeo di sviluppo per app a Napoli Tim Cook, amministratore delegato di Apple, ha fatto tappa a Palazzo Chigi. Ad aspettarlo non c’era solo il premier Renzi, ma anche 5 startup italiane, scelte dal colosso di Cupertino. Tra queste c’era DoveConviene, piattaforma digitale di volantini e cataloghi georeferenziati. Stefano Portu, cofondatore e coCeo insieme ad Alessandro Palmieri, racconta a CorCom l’esperienza vissuta e commenta alcuni aspetti del panorama attuale delle nostre imprese 2.0.
Partiamo dall’incontro con Tim Cook. Non capita tutti i giorni di incontrare l’amministratore delegato di un colosso come Apple…
È stata un’esperienza piacevole, ma soprattutto sorprendente. Cook ha dimostrato grande attenzione ai dettagli dei progetti che gli sono stati raccontati. Quando gli ho detto che vogliamo arrivare a 100 milioni di utilizzatori nei prossimi anni, prima mi ha detto ‘wow’ e poi mi ha detto che secondo lui siamo già una realtà grande. Mi è venuto da sorridere perché detto dall’amministratore delegato di Apple…
Apple ha deciso di scommettere sugli sviluppatori italiani. Quali saranno i vantaggi per i developer?
Noi siamo partiti 5 anni fa, ma senza realtà come Apple non saremmo nemmeno esistiti. Per noi Apple è un driver di distribuzione del prodotto e anche grazie a loro siamo riusciti a migrare verso il digitale un’abitudine mass market come vedere i volantini e cercare le offerte dei negozi. Avere la formazione e il feedback di Apple su una nuova app non capita tutti i giorni. L’apertura di un centro europeo a Napoli è un grande segnale perché sviluppatori formati e competenti costituiscono un asset competitivo. In Italia ne abbiamo tanti bravi, ma ancora non sono abbastanza.
Il progetto di Cook aprirà nuove opportunità internazionali per le nostre startup?
È’ un modello positivo che creerà un filo diretto tra Cupertino e l’Italia. Fino ad oggi era difficile interagire con le grosse piattaforme innovative americane, ora forse lo sarà un po’ meno. Non si tratta solo di ottenere un bollino di qualità, ma di avere un polo tecnologico di soluzioni innovative in Italia dove si sperimenta, si impara e si interagisce direttamente con un player globale. Il mercato delle app italiane potrà guardare con più coraggio anche all’estero.
Gli annunci di Apple e Cisco fanno sperare in un futuro migliore per le imprese 2.0 italiane. C’è la necessità di coinvolgere di più anche le nostre università oltre che le grandi aziende?
Una buona impresa nasce con il giusto mix di manager con esperienza e professionisti anche senza esperienza, ma con competenze in linea con la domanda del mercato. Servono strumenti per collegare studenti e lavoro, lo stage non basta. Bisogna potenziare anche lo studio delle lingue, che oggi sono prioritarie per chi vuole portare la propria impresa sui mercati internazionali, e far uscire dalle università più laureati nelle materie scientifiche e informatiche.
Fiscalità, burocrazia, investimenti. Su cosa bisognerebbe fare di più?
C’è un elemento che potrebbe aiutare ed è invogliare un numero importante di manager che oggi lavorano nelle imprese tradizionali a fare impresa digitale. Ma anche sotto il punto di vista del credito serve più coraggio e mi auguro che il gettito in venture capital diventi crei dei veri e propri imprenditori seriali sul digitale.