“Sono assolutamente favorevole alla privatizzazione di Poste, ma non tutte, perché il controllo deve rimanere nelle mani del governo”. Lo ha detto Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico, rispondendo a una domanda dei giornalisti sulla privatizzazione della seconda tranche di Poste Italiane a margine di una conferenza stampa su Almaviva. “Secondo me le privatizzazioni in un Paese ad alto debito sono importanti per ridurre il debito – ha concluso – se no non si capisce come riduciamo il debito e facciamo investimenti”.
La società era stata quotata in borsa nel 2015, quando il Mef aveva dismesso il 35,5% del capitale. Poi la cessione a Cassa Depositi e prestiti di un ulteriore 30%, e ora di parla di mettere sul mercato un’altra quota del 30%, che secondo le indiscrezioni dovrebbe andare in porto tra giugno e luglio.
Scettico sulla privatizzazione Antonello Giacomelli, che al Mise è sottosegretario con delega alle Comunicazioni, che nei giorni scorsi con una lettera ai vertici del Pd aveva invitato il principale partito che sostiene la maggioranza di Governo a riflettere con più attenzione su questa prospettiva: “La scelta di procedere ad una ulteriore collocazione sul mercato di una quota del capitale di Poste Italiane, avanzata nelle ultime settimane, ha implicazioni molto serie – scriveva Giacomelli – Implicazioni che credo vadano ben ponderate dalla maggioranza che sostiene il governo e, prima di tutto, dai gruppi parlamentari del Pd. Vorrei, però, sgombrare il campo da un equivoco. Non è in discussione la necessità di ridurre il debito pubblico ma, in nome di questa esigenza, non si può certo porre ogni ipotesi di privatizzazione sullo stesso piano”.