“Mondo immateriale e sconfinato, la Rete sta cambiando radicalmente non solo le comunicazioni elettroniche, ma l’intera società. La comunicazione digitale corre sui binari dell’alta velocità. L’Italia è però ancora lenta. Ultima in Europa nelle reti di nuova generazione”.
Lo Scrive Antonio Preto, commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in un intervento sul CorrierEconomia.
“La diffusione della banda ultralarga – prosegue – passa, oltre che da un’adeguata domanda di servizi, dagli investimenti, privati e pubblici. In gioco ci sono la competitività e la crescita economica del Paese. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fa già la sua parte per favorire gli investimenti. Ha messo in moto un processo di interazione e integrazione tra innovazione e concorrenza, cui i principali operatori del settore stanno aderendo”.
“L’indagine congiunta delle Autorità della concorrenza e delle comunicazioni rivela che gli investimenti privati in banda ultra-larga consentiranno di coprire più del 50% della popolazione già nel 2016. Come richiesto dall’Agenda digitale europea, entro il 2020 dovremo portare a tutti la rete a 30 Mbit/s e fare in modo che almeno il 50% della popolazione attivi una connessione al di sopra dei 100 Mbit/s. Il modello a fibra che ci consente di raggiungere più rapidamente questi obiettivi, riducendo costi e tempi del roll-out, è il Fiber to the cabinet (Fttc), con la fibra che arriva sino all’armadio di strada. In questo modo si valorizza il breve tratto di rame fino alle case (ossia la rete di accesso Telecom). Le tecnologie e la regolazione consentiranno agli operatori interessati di usare questo tratto di rame, mantenendo viva la concorrenza infrastrutturata.
Questo è solo il primo passo – prosegue Preto – Quando ci saranno risorse e domanda adeguate, la fibra potrà progressivamente arrivare nelle case con il Fiber to the Building (Fttb) e il Fiber to the Home (Ftth), con tutti i vantaggi in termini di prestazione che ciò comporta”.
“Dove il privato non investe – continua – deve intervenire il pubblico, per portare a tutti i benefici delle nuove reti e debellare il digital divide. La normativa europea attribuisce ad Agcom il compito di dettare le regole del gioco”.
Ma non si esaurisce tutto con le reti, nella lettura di Antonio Preto. “Il mercato digitale – spiega – assomiglia sempre più a un ecosistema, in cui operatori di rete, fornitori di contenuti e produttori di tecnologie interagiscono e competono. Con la applicazioni machine-to-machine, qualsiasi oggetto è connesso alla rete”.
“Occorre ricercare una regolamentazione orizzontale e non più a compartimenti stagni – prosegue Preto dopo ave analizzato gli ultimi esempi di convergenza, da Google Fiber a Bt che diventa fornitore di contenuti acquistando i diritti Tv del calcio – Il carattere ‘sconfinato della rete impone, poi, nuove sfide. Fenomeni economici e sociali trans-nazionali avvicinano persone, ma bisogna pensare alla territorialità di alcuni interessi. La Corte di Giustizia, nella sentenza Google Spain, nota per il ‘diritto all’oblio’, ha già riletto la libertà di stabilimento a livello europeo: conta molto il luogo dove si svolge l’attività, meno il Paese in cui il soggetto è stabilito. Questo principio dovrebbe essere applicato anche in altri casi come la tassazione: si deve regolare la a-territorialità, definendo principi comuni”.
“Certo – conclude Preto – fissare le regole in un contesto dinamico come quello digitale può sembrare eccessivamente ambizioso. Serve un’azione efficace per indirizzare il mercato verso la massimizzazione del benessere sociale, sfida che Agcom sta perseguendo. I suoi procedimenti partecipati, inoltre, rimandano alla multi-stakeholder governance, riconosciuta a livello globale come il modello di riferimento per Internet. Agcom può essere protagonista nella tutela del singolo dinanzi a nuovi rischi, come i big data e i ‘padroni’ che li gestiscono. La legge già le attribuisce poteri in materia di numerazione e privacy. Occorre espanderli, per tutelare la libertà e attuare i diritti”