IL MONITO

Privacy, affondo di Tim Cook: “Le big tech si assumano le proprie responsabilità”

In un durissimo discorso all’università di Stanford, il ceo di Apple ribadisce la necessità di regole serie: “Non si possono prendere solo i vantaggi del business”

Pubblicato il 17 Giu 2019

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Rischia di essere una strana Cassandra con un mezzo conflitto di interessi. Il numero uno di Apple, Tim Cook, che guida l’azienda che ha avuto la più grande capitalizzazione di mercato al mondo e che è uno dei quattro (o cinque, se si conta anche Microsoft) colossi dell’hi-tech, continua ad avvertire che non si può andare avanti così, che la responsabilità dei big esiste e che occorre darsi delle regole. Apple cerca probabilmente di fare la cosa giusta, ma sicuramente il suo numero uno ne parla a gran voce.
Le fughe dei dati, le violazioni della privacy, la monetizzazione estrema degli utenti prima o poi si paga: minacciano la sicurezza, non possono essere prese sottogamba. Tim Cook, in giacca e cravatta (un piccolo cambio di look per un manager che viene dal Sud degli Stati Uniti ed è sempre stato un po’ stretto nel mondo super rilassato e poco formale della Silicon Valley californiana) lancia il suo messaggio agli studenti di Stanford, come ospite d’onore per il commencement address, il discorso più importante che viene rivolto tradizionalmente ai neolaureati dell’anno da una personalità in vista. Più importante l’università, più importante l’ospite. E Stanford, cuore delle giovani menti che assieme a quelle di Berkeley andranno a riempire i ranghi delle startup e dei colossi della Silicon Valley, è sicuramente una delle più importanti negli Usa e al mondo.
Sebbene Cook non abbia menzionato le società hi-tech per nome – non ce n’è bisogno -, il suo discorso nel cuore della Silicon Valley ha enumerato le violazioni dei dati personali, le violazioni della privacy e ha persino fatto riferimento a Theranos, una startup in disgrazia, che ha notevoli responsabilità.

«Ultimamente – ha detto Cook agli studenti – sembra che questo settore stia diventando noto per un’innovazione meno nobile: la convinzione che si possa rivendicare il vantaggio senza accettarne però responsabilità. Lo vediamo tutti i giorni con le violazione dei dati, le violazione della privacy, il lasciar passare gli incitamenti all’odio, le notizie false che avvelenano il dibattito nazionale, i falsi miracoli in cambio di una singola goccia del vostro sangue».

Cook ha aggiunto: «Sembra un po’ strano che qualcuno debba dire questo, ma se avete costruito una vera e propria fabbrica per produrre il caos, non potete poi evitare la responsabilità del caos che ne segue».

È l’ultimo di una serie di discorsi di Cook in cui ha spiegato la sua opinione sulla sicurezza dei dati criticando Google, Facebook e altre società tecnologiche per il loro approccio alle informazioni degli utenti e alla privacy, di solito senza nominare direttamente le società. Apple pubblicizza la privacy come funzionalità chiave per gli iPhone e ha recentemente rilasciato una modalità di accesso incentrata sulla privacy che compete con quelle di Google e Facebook.
Cook ha detto ai neolaureati di Stanford che la sorveglianza digitale ha minacciato l’innovazione e “avrebbe fermato la Silicon Valley prima che iniziasse” se fosse iniziata prima.

«Se accettiamo come normale – ha detto – e inevitabile che tutto nella nostra vita possa essere aggregato, venduto e persino trapelare in caso di un hack, allora perdiamo molto più dei dati. Perdiamo la libertà di essere umani».
Il resto del discorso ha toccato temi come il lasciare un’eredità e poi dei consigli agli studenti su come seguire ciascuno la propria strada.

A gennaio, Cook aveva richiesto una “camera di compensazione” della Federal Trade Commission che consentisse alle persone di rintracciare e cancellare i dati personali raccolti dalle aziende. Da tempo nella Silicon Valley si dibatte sull’ipotesi di mettere assieme delle regole nazionali e internazionali che permettano di controllare meglio il lavoro dei colossi dell’hi-tech.

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