In costante aumento le violazione del Codice della Privacy attraverso telecamere e webcam. Ma non è tutta colpa di hacker e criminali. Federprivacy, l’associazione professionale per privacy officer, consulenti della privacy e altre figure, lancia l’allarme. Con l’ausilio delle telecamere, spiega una nota diffusa dall’associazione, “è possibile vigilare su abitazioni ed aziende, parlare in videoconferenza da un capo all’altro del mondo, monitorare a distanza i pazienti nelle strutture
sanitarie, ma c’è anche un rovescio della medaglia”.
La connessione dei dispositivi di comunicazione, monitoraggio e controllo implica “criticità e vulnerabilità che sempre più spesso vengono sfruttate da malintenzionati per spiare gli stessi proprietari che le hanno installate”. Calcolando che secondo la stima di Federprivacy nel 2018 arriveremo a contare quasi 1 miliardi di device di videosorveglianza nel mondo bisogna stare attenti.
“Le mani in cui si affidano utenti e aziende che devono installare un sistema di videosorveglianza – spiega il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi -. Spesso non possiedono competenze adeguate sulla security e tanto meno in materia di protezione dei dati personali”. Per evitare gravi violazioni della privacy di cittadini e lavoratori, aggiunge Bernardi, “è necessario avvalersi solo di professionisti preparati non solo a livello tecnico, ma anche sul piano giuridico, e se possibile con competenze certificate”.
Inoltre, conclude il presidente dell’Associazione, “l’ultimo provvedimento generale in materia di videosorveglianza emesso dal Garante risale al 2010, ma nel frattempo la tecnologia si è evoluta freneticamente. L’auspicio di Federprivacy è un intervento tempestivo dell’authority per emanare “al più presto regole aggiornate ed adeguate al contesto attuale”.