NORME

Privacy, la giurisprudenza apre ai controlli sugli strumenti di lavoro

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ammette la liceità delle verifiche sull’utilizzo dei mezzi aziendali. Cambia anche lo scenario sui controlli difensivi

Pubblicato il 14 Dic 2016

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Recentemente la Corte di Cassazione civile si è espressa in merito ai controlli che il datore di lavoro può attuare nei confronti dei propri dipendenti nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e del D.lgs. 196/2003 (“Codice Privacy”).

In particolare, a inizio novembre è stato riconosciuto in capo al datore di lavoro, con sentenza n. 22313, il diritto di effettuare controlli mirati sui lavoratori (direttamente o attraverso la propria struttura), al fine di verificare che venisse rispettato il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, come ad esempio i pc aziendali.

La questione concerneva un’azione disciplinare rivolta ad un dipendente a seguito di un’attività ispettiva diretta a verificare il rispetto delle disposizioni interne all’azienda, in materia d’uso e sicurezza del materiale informatico in uso ai dipendenti. Il lavoratore infatti aveva cancellato l’intero contenuto del disco del pc fornitogli in dotazione dall’azienda, rendendo in questo modo impossibile continuare l’attività ispettiva.

La Cassazione ha ritenuto tale tipologia di controllo legittima purché venga rispettata la dignità e la libertà dei lavoratori in base ai principi di correttezza, non eccedenza e di pertinenza previsti dal D.lgs. 196/2003.

Successivamente la Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con sentenza n. 22662, si è pronunciata in merito anche ai cosiddetti controlli difensivi. Ossia quelli non finalizzati alla verifica da parte del datore dell’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, ma volti ad accertare eventuali illeciti commessi dai propri dipendenti, nel contesto aziendale.

Nel caso di specie, il datore di lavoro aveva posizionato una telecamera nella reception al fine di controllare la cassaforte lì ubicata. Dalle riprese è però emerso che una dipendente aveva sottratto una busta contente del denaro. In questa situazione, la Suprema Corte ha ritenuto non potersi applicare le garanzie procedurali previste dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Ha invece affermato che il controllo difensivo posto in essere dal datore “non atteneva all’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, ma era destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa sicurezza dei lavoratori, oltre al patrimonio aziendale, determinando la diretta implicazione del diritto del datore di lavoro di tutelare la propria azienda mediante gli strumenti connessi all’esercizio dei poteri derivanti dalla sua supremazia sulla struttura aziendale.”

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