IL CASO

Privacy, l’Onu con Apple: “Sbloccare quell’iPhone è come aprire un vaso di Pandora”

L’alto commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein: “Per risolvere un problema su un caso di decrittazione si rischiano implicazioni molto negative per milioni di persone”. E i Big dell’hi-tech si schierano con Tim Cook

Pubblicato il 04 Mar 2016

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Scoperchiare un vaso di Pandora, innescare una miccia senza calcolare quali conseguenze potrebbe provocare su scala globale. A fianco di Apple nella battaglia tra il colosso di Cupertino e l’Fbi, scende un altro nome “pesante” delle istituzioni, quello dell’alto commissario delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad Al Hussein (nella foto). Mentre i colossi tecnologici statunitensi presentano insieme un appello a sostegno della posizione di Tim Cook.

L’ordinanza emessa da una corte federale statunitense su richiesta dell’Fbi, in cui si chiedeva a Apple di sbloccare l’iPhone di uno degli autori della strage di san Bernardino, potrebbe avere secondo il rappresentante delle Nazioni Unite ricadute su scala globale: “Per risolvere un problema legato alla sicurezza che riguarda un caso di decrittazione – sostiene in una nota l’alto commissario – le autorità rischiano di aprire un vaso di Pandora, che potrebbe avere implicazioni molto negative per i diritti umani di molti milioni di persone, inclusa la loro sicurezza fisica e finanziaria”.

A sostegno della posizione di TIm Cook si erano schierati ieri in modo compatto le grandi imprese dell’hi-tech statunitense, tra le quali Alphabet, la holding di Google, Facebook, Microsoft, At&t, Nest Labs, WhatsApp, Evernote, Snapchat e decine di altre. Di comune accordo, tali aziende hanno presentato in tribunale un documento a sostegno della posizione di Apple nella sua controversia in corso con l’FBI. “L’obiettivo – spiega in una nota Mozilla, che è tra i firmatari dell’appello – è quello di aiutare la Corte a capire perché è pericoloso costringere le aziende di tecnologia a compromettere volontariamente le proprie caratteristiche di sicurezza”.

Il motivo del contendere, nello specifico, è il rifiuto opposto da Apple alla richiesta del giudice federale Sheri Pym di “sbloccare” un iPhone 5C utilizzato una volta da Syed Rizwan Farook, uno dei due autori dell’attentato al centro per disabili di San Bernardino, vicino a Los Angeles, dove il 2 dicembre persero la vita 14 persone e 17 rimasero ferite.

La corte, per la precisione, ha chiesto a Apple di disabilitare alcune delle tecnologie di sicurezza dello smartphone, tra le quali quella che blocca definitivamente il telefono dopo 10 errori nella digitazione della password, che avevano impedito agli investigatori di poter violare il telefono ed esplorarne il contenuto.

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