Aziende europee sul piede di guerra contro il sistema di
procurement cinese. L’accusa rivolta alla Cina è di avere un
sistema di approvvigionamento pubblico troppo complesso e poco
trasparente, che di fatto esclude gli stranieri e incoraggia la
corruzione. “Il quadro regolatorio dell’approvvigionamento per
gli enti del governo in Cina ostacola l’efficienza e
l’innovazione dell’economia cinese nel suo complesso”,
afferma la Camera di commercio europea in Cina in uno studio di cui
il Financial Times anticipa i risultati. “Questo rappresenta una
perdita di opportunità per le aziende europee in Cina che vale
quanto l’intera economia della Corea del Sud”.
Il mercato cinese del procurement pubblico viene stimato intorno a
un miliardo di dollari. Le critiche della Camera di commercio
europea arrivano mentre Pechino prepara una proposta, da lungo
attesa, per l'ingresso al Government Procurement Agreement, un
gruppo di 40 membri dell’Organizzazione mondiale del commercio
che consentono gli uni agli altri pari accesso ai loro contratti
pubblici.
La Camera di commercio europea sostiene che in Cina resistono norme
che escludono le aziende straniere dai contratti pubblici
nell’approvvigionamento locale e provinciale, nonostante Pechino
abbia promesso di rimuovere questi ostacoli. La Cina, a fine 2009,
aveva infatti annunciato che solo prodotti con marchi e proprietà
intellettuale cinesi potevano essere ammessi ai contratti di
approvvigionamento per gli enti governativi, ma dopo le proteste
delle aziende straniere ha sospeso la norma. Tuttavia la Camera di
commercio fa notare che, poiché Pechino ha un sistema decentrato
di public procurement, la pratica di escludere dai contratti gli
stranieri prosegue incontrastata negli enti che non fanno parte del
governo centrale.
Uno dei problemi è, in particolare, l’esistenza di due leggi
diverse sul public procurement, l’una per il governo centrale e
l’altra per le amministrazioni locali, che rappresentano però la
maggior parte del mercato dell'approvvigionamento pubblico del
Paese asiatico (nove decimi del suo valore, dicono gli
europei).
La mancanza di chiarezza e controllo centrale sul vasto mercato che
non ricade nella legge sull’approvvigionamento pubblico che
accetta gli stranieri, lamenta la Camera di commercio europeo,
incoraggia pratiche poco trasparenti e l’imposizione di standard
di ingresso alle gare che di fatto restringono le possibilità di
accesso alle aziende europee: “Questi standard sono
particolarmente restrittivi per i membri della Camera di commercio
europea che vogliono prendere parte allo sviluppo delle smart grid
in Cina”, si legge nel report.
Inoltre di recente le amminstrazioni provinciali e locali e diverse
aziende statali hanno introdotto nuovi requisiti per le aziende che
partecipano alle gare relativi alla sicurezza informatica e che,
secondo la Camera di commercio europea, hanno portato
all’esclusione di aziende internazionali per i contratti
governativi relativi a prodotti come smart card, firewall e
database. Perciò le società europee chiedono a Pechino di
armonizzare le due leggi sul public procurement e di rendere in
generale le norme più semplici e trasparenti.