“La nuova carta di identità elettronica (Cie) non andrà in conflitto con lo Spid, si tratta di sistemi che svolgeranno funzioni diverse”. Eugenio Prosperetti, avvocato e docente della Luiss, fuga i dubbi di chi teme una ridondanza dei progetti per la PA digitale.
Professore, ci spieghi perché non ci saranno sovrapposizioni.
Facciamo un passo indietro. Inizialmente la Cie fu pensata come strumento di accesso ai servizi della PA oltre che come strumento di identificazione, quindi in parte doveva espletare le funzioni che oggi fanno capo a Spid. Ma perché questa fosse correttamente utilizzata sarebbero serviti dei lettori appositi. Nel tempo, con la dematerializzazione pressocché totale di processi e prestazioni, la smart card ha progressivamente perso la sua funzione di accesso ma ha mantenuto quella di identificazione.
E allora?
Allora dico che Spid – che garantisce certezza nell’identità dell’utente dal terzo livello di sicurezza – sarà lo strumento principe per la fruizione dei servizi mentre la Cie faciliterà l’identificazione. In questo contesto va ricordato che le PA, mentre sono obbligate a far accedere tramite identità digitale, non lo sono altrettanto nel rilascio della card. Cioè lo possono fare laddove conviene.
Quando potrebbe convenire?
Immagino un’associazione forte tra lo Spid e la Cie: per il cittadino che ha la carta elettronica dovrà essere più facile avere il pin unico e i servizi Spid dovranno essere potenziati dalla Cie. In questo modo si andrebbe a chiudere il cerchio della cittadinanza digitale.
Ma come diceva lei la Cie per funzionare ha bisogno di lettori e proprio sui lettori è naufragata in passato. Ora perché dovrebbe essere diverso?
In passato i lettori rispondevano a standard diversi dettati dalla diverse PA. Oggi la Cie ha una caratterizzazione nazionale, che può aiutare a superare la frammentazione, grazie alla realizzazione dell’anagrafe unica che raccoglie dati interoperabili.