Lo Spid ha tenuto banco al Digital Day di Venaria. Ma, mentre dal palco della kermesse dal ministro della PA e Semplificazione Marianna Madia fino al premier Matteo Renzi, passando per il suo “inventore”, Paolo Barberis, tutti si affrettavano a ribadire che il governo lavora ventre a terra per realizzare il progetto di identità digitale, in platea più di qualcuno spalancava occhi e orecchie, sussurando al vicino di poltrona che il vero nodo da sciogliere – pena il ritardo dell’avvio del progetto – è quello della certificazione dei provider.
Stando a quanto risulta a CorCom la commissione interna ad Agid che sta valutando le domande di accreditamento e i requisiti degli aspiranti provider ha rilevato che Telecom Italia e Poste Italiane – prime due aziende a presentare la richiesta – non sono in regola. Motivo per cui la commissione ha chiesto ai due “campioni” di adeguarsi a quanto richiesto per evitare di rimanere tagliati fuori da quello che il governo Renzi considera un progetto Paese e infrastruttura abilitante per tutta la digitalizzazione della PA. “Si tratta di rilievi molto tecnici, di piccola entità, in via di superamento”, fanno comunque sapere dalle aziende
L’adeguamento richiesto dovrà avvenire prima del 15 giugno 2016, dato che la commissione esaminatrice ha tempo fino a quella data per rilasciare i certificati di accreditamento. A presentare domanda sono state anche Infocert e altre due aziende che invece sono in regola, ma che rischiano di dovre aspettare la certificazione in attesa che Poste e Telecom si adeguino a quanto richiesto da Agid.
“L‘Agenzia per l’Italia digitale prende le distanze da quanto scritto – dicono da Agid a CorCom – Siamo ancora in fase di istruttoria per l’accreditamento, fase che prevede la segretezza, motivo per cui è impossibile che la notizia sia uscita dalle nostre stanze. L’Agenzia chiuderà, così come già annumciato, la procedura entro fine anno”.
Altri ostacoli potrebbe incontrare anche l’Anagrafe unica. Tra meno di un mese, infatti, saranno due Comuni pilota romagnoli – Cesena e Bagnacavallo insieme raggiungono una popolazione di appena 114mila abitanti – a portare la pubblica amministrazione nel futuro. A metà febbraio 2016 verranno coinvolte in via sperimentale altre 23 città, tra cui Torino. E tra meno di un anno toccherà a Roma e Milano.
Ma i Comuni, soprattutto quelli più grandi, sono preoccupati. E non poco. Da anni stanno lavorando alla bonifica dei dati anagrafici, scoprendo errori negli indirizzi di residenza, dati duplicati, mancanza di un secondo nome, indirizzi che compaiono anche anche 4 o 5 volte volte perché per le vie con i nomi di persona vengono invertiti il nome e il cognome, ad esempio. Ostacoli formali rischiano di rallentare l’avvio del progetto e trasformarlo in un bagno di sangue per i Comuni che, tra le altre cose, ci stanno mettendo i soldi di tasca loro dato che per il governo il progetto a invarianza di spesa. A molti Comuni potrebbe servire più di un anno per portare a termine il lavoro di bonifica delle informazioni.