Gli investitori hanno perso interesse nelle startup che sviluppano tecnologie per la pubblicità: colpa, in parte, del duopolio Google–Facebook che ha raggiunto un dominio di mercato difficile da scalfire. Secondo i dati raccolti per il Financial Times da CBInsights, l’attività di investimento nelle start-up dell’advertising technology (l’insieme di tecnologie, software e servizi utlizzati per destribuire, controllare e targettizzare la pubblicità online) è scesa l’anno scorso al punto più basso da cinque anni. Il numero di accordi per il finanziamento di società del cosiddetto “adtech” è su scala globale di 343 a fine 2016, con un calo del 17% rispetto al 2015 (414 accordi).
Gli investimenti nelle start-up dell’adtech, che automatizzano e facilitano con le loro tecnologia la compravendita di pubblicità digitali, sono stati rilevanti negli ultimi anni, ma sembrano aver perso slancio. I dati di CBInsights mostrano una flessione del 33% anche nel volume dei finanziamenti nel 2016 rispetto al 2013: da 3,2 miliardi di dollari a 2,2 miliari. Insomma, si fanno meno operazioni di finanziamento e si danno meno soldi. La fine del 2016 ha segnato una frenata importante: solo 69 accordi nel settore adtech completati, mai così pochi in un trimestre dal 2012. Per gli analisti il motivo è chiaro: il duopolio Facebook-Google nella pubblicità digitale rende meno interessante investire in soluzioni alternative. “Il resto dell’industria adtech si è contratta del 3% nella prima metà del 2016 a causa del predominio dei due colossi americani”, dichiara Jason Kint, chief executive di Digital Content Next, associazione di settore che rappresenta gli editori, compresi New York Times e Financial Times.
L’anno scorso Google e Facebook rappresentavano insieme il 75% di tutta la nuova spesa in ads online, secondo l’Internet Trends report pubblicato a giugno da Mary Meeker di Kleiner Perkins Caufield & Byers, fondo di venture capital americano. Negli Usa, 85 centesimi su ogni dollaro di nuovi investimenti in pubblicità digitale sono andati a Google e Facebook nel primo trimestre 2016.
L’ecosistema di start-up dipende dalla possibilità di intermediare l’acquisto di ads su mercati aperti, ma Google e Facebook stanno costruendo dei walled garden in cui possiedono ampie fette della supply chain e fanno leva su bacini di dati personali che hanno raccolto e che non hanno rivali in quantità e qualità.
“Le difficoltà dell’adtech come settore sono sicuramente connesse con il dominio di Facebook e Google,” dichiara Suranga Chandratillake, socio di Balderton Capital e consigliere del board della mobile adtech company Adludio. “La pubblicità alla fine significa vendere attenzione e la maggior parte dell’attenzione è su Google e Facebook, e loro ovviamente la monetizzano”.
L’attività di venture capital nell’adtech è in calo da inizio 2015; l’anno scorso le società statunitensi di VC hanno investito circa 860 milioni di dollari in società dell’adtech, la cifra più bassa dal 2010, secondo dati di PitchBook. Il 2016, secondo le stime preliminari, è andato peggio perché è stata investita nel settore la cifra più bassa dal 2005. Ma non è tutta colpa del duopolio Google–Facebook: l’adtech è vittima del suo stesso successo, nota ancora Chandratillake, perché gli algoritmi di automazione sono “dannatamente efficienti” e alla fine “è difficile distinguersi con tecnologie nuove. Gli sviluppatori di tecnologie per l’advertising si copiano tutti tra loro, generare guadagni è quasi impossiibile: perciò sempre meno fondi di ventura investono”.