Pubblicità spazzatura, rimossi da Google nel 2017 oltre 3,2 miliardi di banner e dintorni, pari ad un ritmo di 100 annunci irregolari al secondo: violavano le norme pubblicitarie del gigante del web. Ma non solo. Il colosso di Mountain View lo scorso anno ha inoltre bloccato 79 milioni di pubblicità che, all’interno del suo network, cercavano di indirizzare le persone su siti web che ospitavano malware. Ad annunciare gli interventi è Scott Spencer, Director of Sustainable Ads di Google, in un blogpost che dettaglia il “Bad Ads Report”.
Nell’ambito di questa “operazione pulizia”, nel corso dell’anno Google ha eliminato anche 400.000 di questi siti web non sicuri, ha “tagliato fuori” 66 milioni di pubblicità trick-to-click, ovvero che inducono a cliccare su un’immagine con finalità ingannevoli, e 48 milioni di pubblicità che cercavano di far installare agli utenti dei software indesiderati.
“La pubblicità digitale gioca un ruolo importante nel rendere il web quello che è oggi: un punto d’incontro dove chiunque abbia una buona idea e un buon contenuto può raggiungere molte persone e guadagnarsi da vivere. Per far sì che questo modello gratuito e supportato dalla pubblicità funzioni per tutti, è necessario che il web sia un luogo sicuro e adeguato dove imparare, creare e fare pubblicità. Purtroppo, però, non è sempre così”, segnala Spencer.
“Che si tratti di un incidente occasionale o di un’azione coordinata da truffatori che cercano un guadagno irregolare, un’esperienza negativa ha delle ripercussioni sull’intero ecosistema – scandisce Spencer nel blogpost – Ecco perché negli ultimi 15 anni abbiamo investito in personale qualificato, tecnologia e norme specifiche per contrastare le frodi pubblicitarie, i malware e i contenuti ingannevoli”.
E nell’ultimo anno, sottolinea, “siamo stati in grado di rimuovere dal nostro ecosistema pubblicitario una grande quantità di operatori malintenzionati, superiore in numero agli anni precedenti e a una maggiore velocità”. Sempre lo scorso anno, Goggle ha anche rimosso dalla sua rete pubblicitaria 320.000 publisher che violavano le norme della società statunitense per chi ospita pubblicità.
Il colosso del web ha inoltre bloccato circa 90.000 siti web e 700.000 app per dispositivi mobili. Spencer segnala che Google ha anche introdotto “una nuova tecnologia che ci permette di rimuovere gli annunci da oltre 2 milioni di URL ogni mese all’interno della rete di Google“. La tecnologia, aggiunge, ” permette di applicare le norme a livello di pagina ci permette di proteggere meglio i nostri inserzionisti, rimuovendo più pubblicità da un maggior numero di siti, e riducendo allo stesso tempo l’impatto sui publisher legittimi”. Questa nuova tecnologia, evidenzia il manager di Google, “è fondamentale per applicare su larga scala le norme che proibiscono di monetizzare attraverso contenuti inappropriati o controversi. Dopo aver esteso, ad aprile 2017, la norma che regola i contenuti dispregiativi o pericolosi in modo da poter includere altre forme di discriminazione e di intolleranza, abbiamo rimosso gli annunci di Google da 8.700 pagine che violavano questa nostra norma estesa”.
E Google continua anche la guerra ai truffatori. Lo scorso anno il colosso di Mountain View ha messo sotto la lente 11.000 siti web esaminati per una possibile violazione delle norme sui contenuti ingannevoli e ne ha bloccati oltre 650, eliminando anche 90 publisher dalla sua rete. Sempre lo scorso anno, sono stati bloccati oltre 12.000 siti web per aver copiato e duplicato contenuti da altri siti, in aumento rispetto ai 10.000 del 2016.
“Le nostre norme per i publisher -spiega Spencer- sono state create per aiutarci a mantenere questo equilibrio anche con l’evolvere delle tendenze online. Per esempio negli ultimi anni abbiamo visto aumentare il numero dei truffatori che cercano di approfittare della crescente popolarità delle notizie online”.
“Ai siti web che fanno parte della nostra rete pubblicitaria non è permesso monetizzare su contenuti ingannevoli” taglia corto Spencer.
“In sostanza – segnala il manager di Google– significa che non è possibile fingere di essere un sito legittimo di notizie con sede a Londra se in realtà si è un truffatore che lavora con contenuti ingannevoli in un’altra città e nel 2017, abbiamo scoperto che un piccolo numero di publisher era responsabile della maggior parte di queste violazioni.
Sempre più spesso, evidenzia Google nel “Bad Ads Report” , “assistiamo a violazioni delle nostre norme sull’appropriazione di contenuti (scraping). Questo tipo di violazione si verifica quando qualcuno cerca di guadagnare rapidamente copiando notizie o contenuti da altri siti”. Ed è un fenomeno in crescita. Tanto che, riferisce Google, nel 2017 ha bloccato oltre 12.000 siti web per aver copiato e duplicato contenuti da altri siti, in aumento rispetto ai 10.000 del 2016.
“Una pubblicità dal titolo ‘Ellen DeGeneres adotta un cucciolo di elefante’ farebbe venire voglia di leggerla? Probabilmente sì. Negli ultimi anni, alcuni malintenzionati -riferisce il Report- hanno cercato di vendere pillole dietetiche e ricette ingannevoli per perdere peso, attraverso pubblicità che sembrano delle notizie sensazionalistiche, ma che in realtà riconducevano a un sito che vendeva un prodotto diverso e non collegato alla notizia”. Si tratta, spiega Spencer di “una procedura che si chiama tabloid cloaking e l’anno scorso abbiamo sospeso più di 7.000 account AdWords accusati di aver violato la norma relativa, nel 2016 erano stati 1.400”. E per far fronte alle minacce emergenti, Google assicura di aggiornare costantemente le sue regole e nel 2017 ha aggiunto 28 nuove norme per gli inserzionisti e altre 20 norme per i publisher, mentre da quest’anno sta già “incrementando le norme relative alla pubblicità dei prodotti finanziari non regolamentati e speculativi, come le opzioni binarie, le criptovalute, lo scambio di valuta estera e i contratti per differenza”.
La presentazione del report è stata l’occasione per Google per annunciare la messa al bando delle pubblicità sulle criptovalute. La compagnia ha reso noto che a partire dal prossimo giugno vieterà le inserzioni online che hanno per protagonisti Bitcoin, Ethereum, Ripple e le altre valute digitali. Il divieto si estende anche alle “initial coin offering” (offerte iniziali di monete), sistema con cui le startup raccolgono fondi distribuendo monete virtuali.
Intanto per Google arrivano brutte notizie dalla Francia. Intervistato da radio RTL, il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha annunciato una denuncia contro Google e Apple per “pratiche commerciali abusive” dinanzi al tribunale di commercio di Parigi.
Nel mirino del governo, le condizioni imposte dai due giganti Usa a chi sviluppa le applicazioni, con “tariffe imposte”, contratti “modificati unilateralmente” e un “recupero dei dati”.
“Tutto questo – ha tuonato il ministro di Emmanuel Macron – è inaccettabile, on è l’economia che auspichiamo. Potenti quanto volete, ma considero che Google e Apple non debbano trattare le nostre start-up e i nostri programmatori nel modo in cui lo fanno oggi”. Il ministro ha quindi aggiunto che le due aziende rischiano una sanzione di “milioni di euro”.
“Mia responsabilità è essere garante dell’ordine pubblico economico”, ha avvertito il titolare di Bercy. Le Maire ha anche evocato il progetto di tassazione dei Gafa in corso di preparazione alla Commissione Ue: “L’avremo, spero, entro fine anno 2018, per un’attuazione in Europa a inizio 2019”.