Venti anni fa nasce a Roma Auriga, azienda che si presenta nel mercato della consulenza per la gestione e manutenzione degli applicativi software per i sistemi di pagamento Atm e Pos. Venti anni dopo, la società è uno dei principali fornitori di software e soluzioni applicative per le banche, con il proprio software presente sul 50% dei bancomat italiani (sono circa 25mila) e 600mila utenti nel settore della banca virtuale in mobilità. Soprattutto l’azienda – con 130 collaboratori tra Roma, Milano, Londra e Bari, dove ha sede il centro di ricerca e sviluppo – ha pronta un’applicazione anche per il nuovo mercato del mobile payment con PlainPay, soluzione per smartphone basata su QR Code.
“Auriga – spiega il ceo dell’azienda, Vincenzo Fiore – ha una lunga storia di sviluppo di soluzioni e applicazioni nel mondo dei pagamenti in generale e in quello dei pagamenti elettronici in particolare: self service e internet banking, banca multicanale, canali relativamente nuovi come l’home banking. Abbiamo costruito una forte base clienti sul mercato italiano, tra cui Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, Cariparma del Gruppo Crédit Agricole, Banca Marche. Operiamo inoltre da anni nell’Europa dell’Est, in Slovenia, Croazia, Romania e Serbia, e abbiamo nuovi progetti al via in Uk”.
Come si fa innovazione nel settore dei pagamenti?
Ci poniamo sempre nell’ottica di quel che sarebbe utile al cliente. Sappiamo che per il cliente è utile avere servizi disponibili 24 ore al giorno, soprattutto su alcuni canali. La banca da questo punto di vista è il terminale ultimo dei pagamenti, quello che gestisce la relazione con i clienti. Questo è il nostro approccio con le banche, anche se oggi abbiamo aggiunto tra i nostri obiettivi di business anche la grande distribuzione, visto che il mondo del retail si sta evolvendo.
Si tratta di un nuovo scenario di mercato per voi.
Certamente. I due mondi però sono affini come problematiche. La problematica principale da questo punto di vista è la gestione del cash. I servizi alla clientela per quel che riguarda noi sono sempre quelli dei pagamenti e della gestione del flusso del contante, che deve essere ottimizzata per ridurne costo.
In materia di mobile payment qual è il vostro approccio?
Il mobile è ormai sempre più diffuso: nelle tasche di un italiano su due c’è uno smartphone. Ci siamo chiesti come far fruttare questo potenziale enorme. Abbiamo cercato di capire quale poteva essere la funzione di questo tipo di strumenti. La chiave, ci siamo detti, è avere in tasca un passepartout che valga sia per l’accesso ai servizi in generale di mobile banking sia a quelli di mobile payment.
Ci sono varie problematiche legate ai circuiti di pagamento, alla sicurezza delle transazioni.
Abbiamo cercato di pensare da capo che cosa sia una carta di debito o di credito. È in sostanza un pezzetto di plastica che identifica un cliente piuttosto che un conto. Noi abbiamo pensato di smaterializzarlo e di portarlo dentro il mobile. Senza farci troppi problemi di legarci a una tecnologia particolare perché abbiamo visto che negli ultimi anni la tecnologia è stata più un freno che un acceleratore: basta vedere il passaggio dalla banda magnetica alla carta chip.
Quindi non avete preso in considerazione l’Nfc?
Questa tecnologia richiede grossi investimenti in infrastrutture: serve la carta Nfc, il Pos Nfc, il telefonino Nfc. Invece una tecnologia ottica come il Qr Code è perfetta. Tecnologia a bassissimo costo di diffusione, basta che ci sia l’app sul telefono e la nostra esperienza di 20 anni per la sicurezza, la gestione dei protocolli di comunicazione. Abbiamo trasferito le carte di credito nel telefonino.
Dopo venti anni, qual è il futuro nel prossimo decennio?
Il mondo dei pagamenti sta cambiando rapidamente. Ci sono nuovi attori sul mercato, come gli operatori telefonici e i grandi retailer. Si allarga la competizione e si apre lo scenario dei micropagamenti. E poi le tecnologie mobili permetteranno anche nuovi servizi, come le fidelity card integrate, aperture al mondo dei social. E magari anche i buoni pasto, perché no.