L’Italia muove finalmente i primi passi verso la creazione di un ecosistema nazionale sul Quantum Computing, grazie all’iniezione di fondi in ricerca e sviluppo derivanti dal Pnrr (pari a 140 milioni di euro) e al crescente interesse nel mondo privato da parte di alcune grandissime aziende della domanda.
Nonostante i primi segnali positivi, però, i fondi stanziati dal Governo italiano per investire in tecnologie quantistiche si rivelano ancora inadeguati e, al netto di alcuni casi, la maggior parte delle aziende del Paese stanzia budget residuali (tra i 50mila e i 150mila euro), senza una strategia di medio-lungo termine. A dirlo è l’Osservatorio Quantum Computing & Communication, giunto alla sua terza edizione, durante il convegno promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano intitolato “Quantum Revolution: Italy, are you (getting) ready?”.
“Grazie al Pnrr, l’Italia ha mostrato segnali incoraggianti di attenzione verso la rivoluzione quantistica. Nonostante si sia partiti in ritardo rispetto ad altri Paesi europei e di oltreoceano, questi investimenti ci permetteranno di fare passi da gigante nel tentativo di colmare il gap tecnologico. Oggi quindi è più che mai importante garantire continuità a quanto avviato, strutturando una visione coordinata e strategica per il futuro del Paese in questo comparto: si tratta di un ambito fondamentale da presidiare a livello sistemico per non dipendere da altre nazioni con accesso diretto a queste tecnologie”, afferma Paolo Cremonesi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication e docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. “Alimentare la ricerca pubblica e promuoverne la collaborazione con l’industria è fondamentale per dare impulso alla creazione di un ecosistema italiano competitivo sul Quantum Computing. Le università italiane sono già partite con diversi percorsi di studio specialisti sul tema e nel giro di qualche anno immetteranno sul mercato del lavoro giovani talenti che, senza una filiera tecnologica attrattiva, saranno a rischio di fuga all’estero.”
Gli investimenti sul Quantum Computing in Italia
In Italia nel 2023 l’investimento privato nel Quantum Computing è ancora modesto, inferiore a 6 milioni di euro, stanziati su risorse interne all’azienda, come il personale dedicato, e all’esterno in consulenza, tempo macchina e formazione. Anche a livello globale, del resto, il mercato del Quantum Computing nel 2023 è piccolo ed emergente: si stimano tra gli 800 e i 900 milioni di dollari di spesa.
La tecnologia è in una fase prototipale in cui sono i fondi governativi a trainare lo sviluppo di ecosistemi competitivi. Entrando nel merito degli investimenti pubblici italiani, è possibile identificare due iniziative. La prima è il Centro Nazionale Hpc, Big Data e Quantum Computing (budget totale di 320 milioni di euro, di cui 30 dedicati a uno Spoke sulla computazione quantistica), che ha l’obiettivo di promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra centri di ricerca, università e aziende. La seconda è il partenariato esteso Nqsti – National Quantum Science and Technology Institute – che ha l’obiettivo di promuovere attività di ricerca fondamentale competitiva nella Quantum Science (budget totale di 116 milioni di euro, di cui circa otto in uno Spoke su Information Processing & Communication ma ben di più in ricerche a TRL – Technology Readiness Level – basso con potenziali impatti anche sul Computing).
Nonostante si tratti di un importante punto di partenza, i fondi governativi sulle tecnologie quantistiche nel nostro Paese sono come detto ancora insufficienti: sono stati stanziati oltre 140 milioni di euro su un orizzonte di tre anni, mentre altri Paesi hanno allocato miliardi di euro su 5-10 anni, come per esempio la Germania con oltre 3 miliardi in diverse iniziative tra il 2018 e il 2028.
Le grandi aziende italiane nel percorso di Quantum Readiness
Nel 2023, il panorama delle grandi aziende italiane mostra che il 24% di esse ha avviato i primi passi nel percorso di Quantum Readiness: l’11% solo a scopo informativo, attraverso iniziative di disseminazione e qualche relazione di ecosistema; un ulteriore 12% in modo più concreto, avviando anche una sperimentazione; solo l’1% è definibile Quantum Pioneer, ovvero sta lavorando in modo organico con un commitment aziendale di lungo termine.
All’interno di quel 76% di aziende che non hanno ancora avviato un percorso di Quantum Readiness, è presente un 7% di imprese che detiene tutte le caratteristiche abilitanti per l’innovazione tecnologica ma decide in questo ambito di avere un approccio attendista. La restante parte è invece ancora in una fase di trasformazione organizzativa che rende il Quantum Computing difficile da inserire tra le priorità di lavoro.
“In Italia, al netto di alcune grandi aziende d’avanguardia, i budget stanziati sul Quantum Computing sono spesso esigui. Il settore però è emergente e destinato a crescere, grazie anche ai fondi del Pnrr destinati a progetti in collaborazione tra università e industria da qui al 2025. Per una tecnologia ancora prototipale come questa, a livello internazionale, l’impulso principale di sviluppo viene dai governi e dall’investimento pubblico nella ricerca, necessario anche per alimentare la nascita di start-up a partire proprio da questi laboratori. In Italia, stiamo muovendo i primi passi in tale direzione e sarà importante costruire una visione sistemica per i prossimi anni.” afferma Marina Natalucci, Direttore dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication. “Rischiamo altrimenti di perdere un’opportunità di sviluppo di un comparto critico per le imprese: sta crescendo la necessità di capacità computazionale per risolvere problemi complessi e il Quantum Computing aiuterà a dare una risposta.”