LAVORO AGILE

Radaelli: “Smart working fondamentale per innovare la cultura del lavoro”

Il presidente dell’Anitec sul lavoro agile: “Digitale leva di trasparenza ed immediatezza nella collaborazione, anche a distanza. Dotare tutto il Paese di banda ultralarga e superare il retaggio culturale le chiavi per accelerare l’innovazione”

Pubblicato il 12 Apr 2016

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Il dibattito sullo smartworking è una risposta positiva alla trasformazione che il mondo del lavoro, come l’economia tutta, sta vivendo. Governare questo cambiamento è ciò che permette di trasformare il rischio di una crescita senza occupazione in una occasione di rilancio e nuova occupazione”. Ne è convinto Cristiano Radaelli, presidente dell’Associazione confindustriale dell’ICT e dell’Elettronica di Consumo (Anitec) che ha una visione ben precisa rispetto al ddl Governo in materia di lavoro agile e a quello complementare presentato dai senatori Sacconi, D’Ascola, Marinello e Pagano.

Secondo Radaelli esiste innanzitutto un prerequisito strutturale, ossia la disponibilità della banda ultralargain tutte le aree del Paese, anche quelle a cosiddetto fallimento di mercato”. In secondo luogo, esistono secondo il presidente dell’Anitec alcuni fattori ostativi tra cui pesa soprattutto il “persistente attaccamento a una cultura arretrata nelle organizzazioni, sia pubbliche che private”. Il vantaggio principale che deriverebbe dall’introduzione dei processi digitali risiede nella “trasparenza e immediatezza nella collaborazione fra colleghi e manager, anche a distanza” e, sottolinea Radaelli, “questi aspetti sono diventati valori consolidati che clienti, fornitori, cittadini ritengono irrinunciabili”.

Per poter rispondere in modo efficace e di successo a questi stimoli “è necessaria una organizzazione aziendale dove tutti i dipendenti siano a conoscenza e condividano la mission e gli obiettivi della società, per poter rispondere in modo corretto e immediato alle richieste”. Ma non è tutto: per migliorare la capacità di valorizzare le persone in base alla loro capacità di raggiungere gli obiettivi e non dalla mera presenza in ufficio serve un altro elemento, ossia un “profondo cambiamento culturale” che permetta all’Italia di cogliere le opportunità offerte dalla prossima rivoluzione industriale per “migliorare la situazione economica e ridurre la disoccupazione”.

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