«Un passo decisivo nel processo di trasformazione della Rai in media company: l’azienda era in ritardo, ora non lo è più». Così il direttore generale di viale Mazzini, Antonio Campo Dall’Orto, ha definito la nuova RaiPlay. Prima “solo” app che consentiva di accedere ai contenuti da computer, smartphone e tablet. Ora anche sistema a portata di Tv connessa (in qualunque modo) a Internet. Nuove funzioni fra cui un motore di ricerca interno per programmi recenti o contenuti d’archivio delle Teche e un catalogo che va progressivamente espandendosi. Ma la marcia in più di RaiPlay sta nello standard, il Multimedia Home Platform, che la rende, di fatto, uno strumento anti-digital divide. Lo spettatore può passare con un clic del telecomando (il tasto blu) dalla visione dei programmi in Dtt all’ambiente Internet di Rai. Un’operazione che consentirà un progressivo accompagnamento dell’utenza, anche quella meno digitalizzata, al mondo smart. Recuperando così anche la quota di possessori di Tv smart, che però non utilizzano le possibilità Internet del proprio apparecchio. Il sistema è firmato dal Centro ricerche e innovazione tecnologica Rai di Torino. Ne abbiamo parlato con Gino Alberico, responsabile area Servizi multipiattaforma presso il Centro che ha guidato il team ad hoc, e con Alberto Morello direttore del Centro.
Lo standard
Alberico: “Abbiamo curato la parte di sviluppo per le tv connesse cosiddette di tipo Mhp, l’attuale standard adottato in Italia in vista del successivo passaggio al sistema europeo, Hybrid Broadcast Broadband TV. Alcuni costruttori di Tv smart adottano lo standard Mhp per offrire una propria galleria di applicazioni, separata dal contesto broadcast: l’utente abbandona completamente la visione del contenuto televisivo per spostarsi nella widget gallery. Il nostro sistema funziona in modo diverso: si riesce a far partire l’applicazione anche continuando a guardare i canali Rai. Sullo sfondo viene mantenuto il contenuto televisivo lineare fin quando non si ‘chiede’ un video on demand. Abbiamo sviluppato anche app RaiPlay specifiche per Tv connesse: per Samsung, ma a seguire ci saranno altri modelli e costruttori”.
Broadcast e broadband
Alberico: “Nell’ambiente TV i due mondi, broadcast e broadband, possono essere molto separati. Sui tv smart c’è una ‘stazione’ specifica che sono le app, ambiente ‘parente’ delle app sul telefonino. Come se avessi da un lato la tv ‘normale’ e dall’altro Internet. Quello che abbiamo fatto noi è congiungere i due mondi. Abbiamo creato le condizioni per far sì che premendo il tasto blu comparirà RaiPlay. Ovvero: l’utente lancia la app senza bisogno di trovare la soluzione, andare sul portale, galleria ecc.. In sovrimpressione rimarranno alcune videate per la consultazione del menu mentre ancora, sotto, scorre il contenuto broadcast: quindi senza sganciarmi completamente dal mondo lineare. Inoltre la app si comporta diversamente in funzione del canale da cui l’ho lanciato: se da Rai1 troverò in prima battuta contenuti di Ra1, se da YoYo mi verranno suggeriti cartoni animati”.
Strumento strategico
Morello: “La missione del vertice è trasformare Rai da broadcaster tradizionale in media company. Finora RaiPlay era una app che girava soltanto su device mobili, soluzione troppo di nicchia per un broadcaster come Rai. Trasferirla sulla televisione, nostro device per elezione, trasformandola da strumento passivo a strumento collegato alla banda larga, fa parte della strategia aziendale”.
Rai e reti
Morello: “In Uk, quando è stato lanciato, IPlayer ha portato a picchi del 50% di traffico dati. Ha avuto ruolo fondamentale nello sviluppo della banda larga: il segnale tv occupa una grande quantità di banda, quindi riveste un ruolo importante nella sua diffusione perché riesce a cogliere una forte esigenza di entertainment. Anche per questo Rai spinge in modo soft, nella pubblicizzazione della app: è necessario far espandere gradualmente questi servizi nell’utenza. Una crescita a picco della domanda ci metterebbe nelle condizioni di dover fornire una quantità di dati a cui non siamo preparati. E anche le reti italiane non sarebbero pronte a rispondere”.