I giovani guardano al futuro e-health. attraverso la lente delle nuove tecnologie, e sempre più persone tra loro sperano di trovare la propria strada lavorativa grazie all’apertura di una startup innovativa a contenuto tecnologico. Il contesto però è ancora segnato dall’arretratezza complessiva del Paese nel campo del digitale, dove la scuola non è ancora al passo con i tempi, e il confronto con il resto dei paesi dell’Unione europea, in quanto a uso del digitale, vede ancora l’Italia nelle posizioni di cosa. Sono alcune delle fotografie del Paese scattate dal Censis nel “48° rapporto sulla situazione sociale del Paese – 2014”, pubblicato oggi.
L’Italia digitale in Europa
Il 19% dei cittadini europei di 16-74 anni non ha mai usato un computer. A questo valore medio si avvicinano la Provincia autonoma di Bolzano (23%), l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia (28%), la Lombardia (29%). Valori decisamente peggiori si registrano al Sud. La maglia nera nella penetrazione dell’uso del pc spetta alla Campania (48%), ma anche Piemonte, Umbria (35%) e Lazio (30%) si segnalano con percentuali elevate. “Ma l’Italia – spiegano dal Censis – sta accumulando ritardi anche sul fronte della modernità delle infrastrutture rispetto agli altri membri dell’Unione europea. Se la banda larga ormai può vantare una diffusione in linea con i richiami di Bruxelles, sul fronte della velocità di connessione e sulla diffusione delle Nga (Next Generation Access) il quadro appare meno roseo. Se nei progetti strategici dell’Italia c’è il raggiungimento di una copertura a 30Mbps su tutto lo stivale, e sulla metà addirittura l’implementazione a 100Mbps entro il 2020, nel 2013 solo il 21% delle famiglie ha potuto avvantaggiarsi di una copertura ultratecnologica”. Per quanto riguarda lo standard delle connessioni, l’1% dei contratti è stipulato per una velocità pari o superiore a 30Mbps e lo 0% contempla una velocità di rete pari o superiore a 100Mbps, mentre la media Ue segna un 5%.
Lavoro e tecnologie
Secondo il rapporto le migliori opportunità di lavoro per i giovani vengono dalle tecnologie, mentre emerge la tendenza dei ragazzi che sempre più pensano a creare da sé un business. Secondo i dati Censis il 22% dei giovani ha avviato una start up o intende seriamente farlo nei prossimi anni, un dato in linea con la media europea e superiore a quello tedesco (15%). “L’universo dei giovani intraprendenti sarebbe ancora più ampio – spiegano dall’istituto – se ci fosse un tessuto di imprese e istituzioni pronto a dare loro sostegno nell’avvio di una nuova attività. Il 38% sarebbe interessato ad avviare un proprio business, ma ritiene che sia troppo complicato, mentre in Europa tale quota scende al 22% e in Germania al 12%”.
Scuola digitale
“Cento studenti italiani iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di I grado o al terzo della scuola secondaria di II grado dispongono rispettivamente di 8,3 e 8,2 personal computer – spiegano dal Censis – Tuttavia, 100 loro coetanei europei dispongono mediamente di 21,1 e 23,2 pc. Il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei loro colleghi del terzo anno della scuola superiore frequentano scuole prive di connessione alla banda larga, a fronte di corrispondenti valori medi europei di gran lunga inferiori (rispettivamente, 5% e 3,7%)”. La frequenza di scuole dotate di ambienti di apprendimento virtuale è un’esperienza che coinvolge il 19% degli studenti in uscita dalla scuola media di I grado e il 33% degli iscritti al terzo anno della secondaria di II grado, quote sensibilmente inferiori alle medie europee (nell’ordine, 58% e 61% di studenti in età corrispondente). I dirigenti si scuola secondaria di II grado intervistati dal Censis ritengono che le soluzioni migliorative praticabili siano la creazione di piattaforme per il reperimento e la fruizione di materiale e servizi didattici (86,6%), il passaggio da una logica di proprietà (di infrastrutture, dispositivi, ecc.) a una logica di servizio (a canone) (68,2%), puntando sull’autonomia delle scuole per l’adeguamento strutturale (70,5%).
L’informazione online
Oggi in Italia si vende poco più della metà delle copie di quotidiani che si vendevano venticinque anni fa. Siamo passati da poco meno di 7 milioni di copie giornaliere nel 1990 a meno di 4 milioni. La quota di italiani che fanno a meno dei mezzi a stampa nella propria dieta mediatica è salita a quasi la metà della popolazione (il 47%). Il 20,8% degli italiani legge i quotidiani online e il 34,3% i siti web di news.
Nelle realtà locali, intanto, si è affermato un marcato policentrismo degli strumenti mediatici a disposizione dei cittadini, che passa dal recupero delle testate locali alla sperimentazione delle tante forme di web community, con una miriade di testate web e blog.
Ma resta la televisione il dominus della scena mediatica anche a livello locale. Con il 68,9% di utenti, il tg regionale della Rai è il mezzo più usato. Seguono le tv locali private, con il 51,6% di utenza, e i quotidiani locali (40,2%), che si confermano il terzo mezzo più seguito. Le radio locali sono seguite da poco più di un terzo della popolazione (37,4%). L’utenza delle testate locali online si attesta all’11,8%.
La pubblicità tra online advertising e e-commerce
Nei primi sei mesi del 2014 si evidenzia un calo complessivo degli investimenti pubblicitari del 2,4%. La televisione ha beneficiato dell’effetto della Coppa del mondo segnando un +1,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la carta stampata registra una flessione dell’11%, la radio del 2,9% e internet, dopo la galoppata a due cifre conosciuta fino al 2012, ha subito una battuta d’arresto (+0,1%).
Nel commercio elettronico l’Europa registra un giro d’affari pari a 350 miliardi di euro nel 2013. I Paesi con il maggiore sviluppo sono il Regno Unito, con un valore di 107 miliardi di euro, la Francia (51 miliardi), la Germania (50 miliardi). L’Italia, seppure lontana da queste cifre, secondo le stime chiuderà il 2014 con più di 13 miliardi di euro e una crescita del 17% rispetto all’anno precedente. In Italia la percentuale di consumatori elettronici si attesta al 29% con riferimento a un negozio online domestico e l’11% ha scelto un rivenditore presente in un altro Paese dell’Unione europea.
L’e-Health, rischio e opportunità
La pratica dell’e-health è sempre più diffusa, certifica il Censis: il 41,7% degli italiani cerca informazioni online sulla salute. Ma l’esposizione a un numero molto elevato di contenuti informativi determina come conseguenza un’alterazione della percezione relativa al proprio livello di conoscenze sui temi sanitari. Tra i pazienti affetti da fibrillazione atriale, ad esempio, solo il 58,8% ha correttamente definito l’ictus come una malattia del cervello. Il dato varia con il titolo di studio: si passa dal 74,1% di diplomati e laureati al 45,6% di chi ha titoli più bassi.