In Italia “giovani” start up crescono. Secondo il 46° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2012, nelle circa 800 start-up nate nel 2011 nel settore delle applicazioni Internet l’età media degli imprenditori è di 32 anni. Molti inoltre gli investimenti nelle green technologies mentre nell’industria digitale è ormai avvenuto il passaggio “all’era biomediatica”, caratterizzata dalla miniaturizzazione dell’hardware e dalla proliferazione delle connessioni mobili. Una situazione in controtendenza rispetto a quella del comparto produttivo nel suo complesso, dove i modelli tradizionali scricchiolano – nel manifatturiero si registra il 4,7% di imprese in meno tra il 2009 e oggi – e dove, oltre alle imprese innovative, resistono solo le cooperative, cresciute del 14% tra il 2001 e il 2011.
Ma se le start up possono considerarsi una risorsa anche in vista della realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale che aspetta di essere convertita in legge, lo stesso non si può dire della pubblica amministrazione digitale. Secondo il Censis, nonostante la PA abbia esteso l’offerta di servizi di base presenti sui siti web istituzionali non si è registrato un incremento nelle fruizione di queste prestazione da parte dei cittadini: sono ancora pochi i cittadini che si rivolgono alla PA passando dal web. Ci si scontra con alcuni limiti strutturali.
“La progressiva digitalizzazione della Pubblica amministrazione presuppone, infatti, che da una parte le amministrazioni strutturino i servizi in questo senso, dall’altra che i cittadini siano in grado di fruirne facilmente – spiega il Censis – Affinché ciò avvenga, servono un’adeguata alfabetizzazione informatica, il possesso dei necessari strumenti tecnologici e che vi sia la necessità o un incentivo”. Sotto questi aspetti la società italiana mostra ancora parecchie disfunzioni. A cominciare dalla scarsa diffusione di Internet tra cittadini e famiglie, per continuare con la diffusione della banda larga su rete fissa, che in Italia tocca il 22,8% della popolazione piazzando il nostro Paese al 29° posto.
L’Italia invece si è messa sulla buona strada per quanto riguarda l’utilizzo dei dati pubblici aperti (open data): a ottobre 2012 erano a disposizione 3.647 dataset, con una forte crescita rispetto ai 1.987 disponibili a marzo.
“Gli enti pubblici possiedono un patrimonio sterminato di informazioni la cui disponibilità in formato digitale è preziosa per gli utenti per la produzione di beni e servizi innovativi e come strumento di trasparenza e democrazia diretta –ricorda il Censis – La Commissione europea ha stimato che il valore di mercato del riuso delle informazioni del settore pubblico è, per l’intera Ue, intorno ai 140 miliardi di euro all’anno.