IL REPORT

Realtà virtuale, Italia ancora al palo. Epifani: “La spinta può arrivare dai punti vendita”

Studio Digital Transformation Institute e Cfmt: 75 cittadini su 100 conoscono le tecnologie di Virtual e Augmented Reality, ma solo il 37% le ha “provate” almeno una volta

Pubblicato il 12 Mar 2020

Realtà-Virtuale

Più conosciuta di big data, Internet of Things e blockchain. Ma poco sperimentata. Emerge dalla ricerca Retail Transformation 2.0, elaborata da Digital Transformation Institute e Cfmt (Centro di Formazione Management del Terziario) secondo cui non supera quota 75 su 100 la percentuale di italiani che dichiara di conoscere Realtà Aumentata e Virtuale, terze nella classifica solo dopo Social Network (familiare al 93% delle persone) e AI (80%), prima di altre quali Big Data, IoT e Blockchain.

Realtà aumentata, più familiare agli under24

A conoscere meglio e saper meglio definire Realtà Aumentata e Virtuale sono le persone tra i 18 e i 24 anni (87%), con grado di istruzione elevata (87%), reddito medio (77%), competenze digitali avanzate (87%) ed elevata autostima digitale (81%). Cosa comune anche a molte altre tecnologie prese in considerazione dalla ricerca.

Tra le parole più spesso associate dagli intervistati ad AR e VR ci sono percezione, simulazione e percezione sensoriale e tra gli esempi che le persone portano con maggiore frequenza ci sono videogiochi e chirurgia a distanza.

VR, auspicata per la didattica

Al di là della conoscenza di Realtà Aumentata e Virtuale, gli intervistati dichiarano che, rispetto all’impiego di VR nella formazione “al posto della sola esperienza in aula indossando un visore per vivere un’esperienza di realtà”, questa è auspicabile e “da valutare se opportunamente integrate con la didattica tradizionale”. Presente un 22% di persone più “resistenti” a soluzioni di questo tipo che valutano la Realtà Virtuale applicata alla formazione come “di poco conto” (11%) o addirittura “da evitare in quanto sarebbe una soluzione assolutamente dannosa per la didattica”.

Epifani: “La spinta dei punti vendita”

“È interessante notare come sul tema della realtà virtuale si vivano, rispetto alle altre tecnologie, i momenti di radicalizzazione più forti nell’utenza – spiega Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute e coordinatore scientifico della ricerca -. Tendiamo a vedere nelle applicazioni che si basano su questa tecnologia il punto di unione più profondo tra il mondo digitale e quello analogico, e non ci rendiamo conto che tale unione è invece agita con molta più forza attraverso strumenti come l’Internet of Things. Ad ogni modo, il livello di accettazione di questa tecnologia, complice anche lo sviluppo dei device che la rendono sempre più semplice da fruire, sta vivendo negli ultimi anni un ritmo serrato, che finalmente la vede efficace anche in contesti dove fino a poco tempo fa ne veniva solo teorizzata l’adozione, come i punti vendita”.

VR e AR: conosciute ma poco sperimentate

Un po’ come succede per altre tecnologie analizzate dalla stessa ricerca, quali Blockchain o Intelligenza Artificiale, anche AR e VR sono conosciute ma poco praticate e utilizzate. Infatti, alla domanda su quali esperienze è capitato di fare “utilizzando strumenti quali visore, guanti, cuffie per giocare e/o fare esperienze in un ambiente virtuale”, un 57% di persone afferma di non aver mai provato, con un 31% di intervistati completamente disinteressato. Solo un 5% si dichiara utente regolare e a un 37% “è capitato di provare”.

Tra gli italiani che si sentono a disagio con AR e VR (16%) i limiti sono identificati nel “pensare a una persona che mi osserva da fuori con cui fare una figura ridicola”, al “senso di panico, vertigini e labirintite” oppure alla paura di isolarsi e “uscire completamente dal mondo che mi circonda”.

Realtà aumentata, tecnologia “cenerentola”

Non molto diversa la situazione per Realtà Aumentata, i cui utenti regolari sono appena il 6%, con una percentuale ancora minore rispetto a VR (29%) che ha provato almeno una volta. Il 30% degli italiani che hanno provato AR si sente completamente a suo agio, a fronte di un 24% che prova un senso di disagio nel “vedere direttamente cosa sta accadendo di fronte a me” e per la paura che “la mente possa confondere ciò che è reale con ciò che non lo è”. E nonostante la Realtà Aumentata abbia abbondantemente superato di fase di hype e presenti applicazioni concrete di grande interesse, tra i “non praticanti” c’è chi la ritiene una tecnologia ancora poco sviluppata.

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