Il post pandemia, la ripartenza economica e la tenuta sociale. E gli investimenti da effettuare con il Next generation Eu. I prossimi mesi, e a voler guardare oltre anche i prossimi anni, saranno cruciali per l’Italia.
In questo scenario Ibm è pronta a supportare una svolta nella quale il digitale farà la parte del leone. E lo farà facendo leva su una strategia che mette al centro intelligenza artificiale ed hybrid cloud come motori di sviluppo, in grado di generare opportunità economiche pari a 1 trilione di dollari.
Come spiegato da Stefano Rebattoni, general manager di Ibm Italia, in occasione del “Digital Think Coffee”, la compagnia si prepara alla sfida ripartenza forte dello spin off di recente annunciato.
“Lo spin-off-tax-free delle attività di managed services per le infrastrutture IT di aziende terze in una NewCo, a cui ancora non abbiamo dato un nome, prevediamo possa contare su un business globale da 19 miliardi di dollari – ha puntualizzato Rebattoni – E permetterà a Ibm di concentrarsi in via esclusiva sui business del futuro che sono appunto hybrid cloud e intelligenza artificiale mentre la NewCo fornirà servizi per la gestione delle infrastrutture tecnologiche di aziende e altre organizzazioni”.
Una divisione che consentirà a Big Blue di presidiare in maniera più efficiente un mercato in continua espansione e sempre più variegato, anche per effetto della pandemia che ha messo il digitale al centro della scena, nonché di catturare le nuove opportunità creando valore per i clienti e gli azionisti.
La spinta al cambio di modello di business – Rebattoni lo ha evidenziato più volte – è stata frutto anche dell’acquisizione di Red Hat, rilevata nel 2019 per 34 miliardi di dollari: la società ha portato in dote la piattaforma di open hybrid OpenShift che appunto sarà la base alla strategia operativa della nuova Ibm, “liberata” dalla unit dei servizi.
“Ibm e la NewCo avranno clienti comuni e saranno naturalmente portate alla collaborazione – ha spiegato Rebattoni – ma ne avranno anche di diversi e questo ci consentirà di presidiare fette più ampie di mercato e supportare al meglio la trasformazione delle imprese e PA”.
Il primo banco di prova della nuova Ibm sarà ovviamente la ripartenza economica Post-Covid. Draghi, nel presentare la lista dei nuovi ministri, ha in qualche modo “dettato la linea”, mettendo nelle mani di super-esperti tre ministeri chiave: a Vittorio Colao la Transizione digitale, a Roberto Cingolani la Transizione ecologica e ad Enrico Giovannini le Infrastrutture e i Trasporti. Saranno loro a dover delineare il modello di sviluppo dell’Italia di domani che sarà alimentato dalle risorse del Next Generation Eu. E in questo contesto che ruolo può svolgere un’azienda come Ibm, presente in Italia da oltre 90 e tra i protagonisti delle più grandi innovazioni del Paese?
Rebattoni non ha dubbi: contribuire a spingere l’adozione e il potenziamento del cloud. “Serve una tecnologia aperta ed accessibile che supporti le aziende dei diversi settori dell’economia”, ha detto. Senza dimenticare il settore pubblico dove si discute molto di cloud nazionale.
“Siamo aperti alla possibilità di un cloud nazionale, a patto che non sia ‘nazionalista’ – ha precisato – Quello che immaginiamo è un’infrastruttura aperta a tutte le best practice e a tutti i player che porti valore al Paese in una logica di multipiattaforma. Un’infrastruttura in grado anche di garantire l’interoperabilità di tutte le piattaforme abilitanti l’Italia digitale, a partire da Spid, PagoPA e dalla neonata App IO”.
Potrebbe essere dunque la PA il settore dove testare questo nuovo modello di sviluppo più orientato al digitale. Ma serve investire sulle competenze.
“Servono persone con le skill giuste. Ingegneri, sviluppatori, esperti di dati – chiarisce Rebattoni- Perché la tecnologia è un mezzo, non un fine e servono persone che questo obiettivo consentano di raggiungerlo”.