IL RIASSETTO

Recchi rassicura i fondi: “Vivendi non dominante in Telecom”

Il presidente in audizione al Senato: “Le ultime vicende azionarie non hanno modificato i nostri piani di sviluppo”. E sulla conversione delle azioni di risparmio: “Operazione a beneficio di tutti”

Pubblicato il 24 Nov 2015

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Vivendi è un socio forte, ma “non esercita un’influenza dominante” su Telecom Italia. Il presidente del gruppo telefonico, Giuseppe Recchi, coglie l’occasione dell’audizione al Senato per rispondere indirettamente alle preoccupazioni dei fondi italiani e stranieri, che hanno formalmente chiesto al Cda del gruppo telefonico una valutazione rispetto alla proposta dell’azionista francese di inserire quattro propri rappresentanti nel board.

Ma non solo: l’appuntamento parlamentare di ieri torna utile anche per commentare pubblicamente i recenti movimenti dell’Enel sulla fibra ottica, con un’apertura di credito da parte dell’Ad Marco Patuano, sebbene con alcuni distinguo.

“Mi preme fugare qualsiasi dubbio – ha esordito Recchi – sul fatto che le ultime vicende che hanno riguardato il nostro azionariato abbiano, in qualche modo, influenzato o modificato gli obiettivi del nostro piano industriale. I nostri piani di sviluppo proseguono secondo la tabella di marcia prestabilita e, se possibile, ancora più velocemente di quanto inizialmente previsto”. Sgombrato il campo dalle preoccupazioni da un punto di vista operativo, il presidente si è soffermato a lungo sul ruolo che Vivendi, con il 20,1%, si trova a ricoprire, assicurando che “il fatto che detenga una quota rilevante di Telecom non implica necessariamente che eserciti una influenza dominante.

Ad esempio, anche quando i grandi fondi di investimento si trovano a possedere importanti quote di capitale, la loro partecipazione, anche “attiva”, non risulta tale da poter esercitare un’influenza dominante sulla gestione della società”. Insomma, “le strategie e i piani di investimento dell’azienda, da un lato, e l’assetto societario, dall’altro, si collocano su due distinti piani”.

La richiesta di Vivendi, comunque, passerà mercoledì 25 novembre prossimo al vaglio del Cda (che deve inserirlo nell’ordine del giorno dell’assemblea del 15 dicembre), dopo quello “saltato” venerdì scorso.

Anche oggi in occasione del convegno di Asati il manager ha parlato della richiesta dei francesi. Il cda di domani si deve preoccupare che la richiesta sia legittima e formalmente corretta e vedrà, se è il caso, di esprimersi su aspetti relativi alla qualità e alla quantita'” dei quattro consiglieri proposti da Vivendi per entrare nel board, ha ribadito Recchi. “L’idea in sé che il socio che ha il 20% voglia entrare nel cda, a mio giudizio, è del tutto naturale. Su questo fatto – ha concluso Recchi – ho anche il riscontro degli investitori istituzionali che e’ un esempio di buona governance”.

Sempre ieri in Senato Recchi ha poi acceso i riflettori anche sulla conversione delle risparmio, spiegando che “l’operazione con cui il Consiglio di Amministrazione ha deciso di proporre la conversione delle azioni di risparmio lo dimostra”.

“Essa – ha sottolineato Recchi- va a beneficio di tutti, come lo stesso rappresentante comune degli azionisti di risparmio ha riconosciuto: ‘l’operazione risponde agli interessi di categoria, oltre a risultare in linea con le best practice internazionali, permettendo la semplificazione della struttura del capitale con l’eliminazione delle differenti tipologie di azioni con diritti differenziati'”.

Riguardo alla tutela dei piccoli azionisti, ha detto il manager, “abbiamo già detto che, trattandosi di operazioni di mercato, queste vanno a beneficio indistintamente di tutti gli azionisti. A maggior tutela di questi ultimi depone il fatto che il nostro Consiglio di Amministrazione, anche in virtù della sua composizione (ribadisco, con prevalenza di consiglieri indipendenti), ha ben chiaro che il suo compito è quello di agire a difesa degli interessi di tutti gli azionisti, piccoli o grandi che siano”.

Se a Recchi è toccato dare ai senatori ragguagli sul piano della governance, Patuano ha invece aggiornato sui progressi del piano industriale e fornito anche la posizione di Telecom, finora ancora non emersa, in merito al piano per la banda ultralarga annunciato dall’Enel, che prevede la costituzione di una specifica newco aperta alla partecipazione di tutti gli operatori. Patuano non ha chiuso la porta, ma ha prima di tutto sottolineato che “non è obbligatorio fare costruzioni societarie”.

Tuttavia ha affermato che “se venisse confermato che l‘Enel può costruire la rete a banda ultralarga a prezzi inferiori ai nostri, la decisione razionale ed economica è quella di andare a comprare, non ha senso ostinarsi a fare qualcosa di diverso”. Nello specifico, ha aggiunto, Telecom potrebbe valutare l’ipotesi di un “affitto, ma per periodi molto lunghi, non un anno ma 20”. In ogni caso, Telecom intende partecipare anche a tutti i futuri bandi per la realizzazione delle infrastrutture di rete fissa e aumenterà le aree in cui investirà direttamente.

Prosegue intanto il monitoraggio da parte della Consob sulle ultime novità occorse rispetto a Telecom Italia, dopo il riassetto azionario che ha visto l’ingresso dell’imprenditore francese Xavier Niel, accanto alla Vivendi di Vincent Bollorè, nonché la decisione da parte del Consiglio d’amministrazione della holding di tlc di convocare l’assemblea straordinaria a dicembre per la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie. “È ancora in corso”, ha confermato il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, a margine di un convegno all’Università Cattolica.

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