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Recovery Plan, 45,5 miliardi al digitale. Ecco il cronoprogramma dei progetti

Il ministro dell’Economia invia le schede tecniche alle Camere: per il cluster “Digitalizzazione, innovazione e cultura” allocate le stesse risorse previste dal governo Conte. Entro fine mese il via libera del Parlamento. Un piano nazionale per le skill entro il 2021 e la realizzazione di una infrastruttura cloud nazionale entro il 2022. Giustizia comparto strategico

Pubblicato il 12 Mar 2021

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Oltre 45 miliardi per l’innovazione. Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha trasmesso alle commissioni competenti del Parlamento, Bilancio, Finanze e Politiche Ue, le schede tecniche del Governo sui sei cluster del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per il cluster 45,5 miliardi per “Digitalizzazione, innovazione e cultura” sono allocate risorse pari a 45,5 miliardi da destinare principalmente all’innovazione nella PA e alla competitività del sistema produttivo ovvero investimenti in infrastrutture di Tlc ultraveloci e transizione delle imprese. Per “Rivoluzione verde e transizione ecologica” ce ne sono 67,49. Per un totale di circa 211 miliardi.

Gli stanziamenti sono sostanzialmente invariati rispetto all’allocazione stabilita del precedente governo: 21,28 miliardi per il capitolo “Inclusione e coesione”; 26,66 per “Istruzione e ricerca”; 18,01 mld per “Salute”; 31,98 per “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”.

Tre saranno dunque i criteri con cui verranno valutati i  progetti: realizzabilità, accountability e monitorabilità.

Nelle schede, come riporta l’Ansa, anche un “piano nazionale per le nuove competenze” e un “programma nazionale per garantire l’impiegabilità” entro dicembre 2021 per rafforzare le politiche attive del lavoro incentrate su skill digitali e lavoro “vocazionale”. Lo sviluppo di un’infrastruttura digitale “per fornire servizi cloud alla pubblica amministrazione” entro il secondo trimestre 2022 nonché la selezione di progetti e startup per la digitalizzazione e gli investimenti nei microprocessori entro il 2023.

Nel documento si indica una tabella di marcia dettagliata per la realizzazione di ogni singoli progetto.

Il Parlamento si esprimerà sul Pnnr, sulla base delle relazioni messe a punto dalle Commissioni di Montecitorio e Palazzo Madama, entro la fine del mese.

Sul fronte del digitale, un settore strategico nel versione Draghi del Pnrr è certamente quello della Giustizia. come evidenziato dalla ministra Marta Cartabia, in occasione del “Festiva della Giustizia”.

“Nella sezione dedicata alla giustizia, nel grande cantiere del Recovery, un capitolo importante è  riservato alla digitalizzazione – ha spiegato – E con il processo telematico, con più tecnologia per il sistema penitenziario, con più investimenti nel comparto digitale, contiamo inoltre di migliorare le disfunzioni che persistono nel funzionamento del portale telematico di deposito degli atti”.

“L’utilizzo degli strumenti informatici si è rivelato fondamentale nel pieno della pandemia e continuerà ad esserlo, per dare un volto nuovo alla giustizia che cerchiamo di rendere più efficiente e più vicina alle esigenze degli operatori e dei cittadini”, ha evidenziato tra l’altro la ministra

Il Mef dunque spinge l’acceleratore sul documento che andrà inviato a Bruxelles e inizia a mettere a punto la strategia relativa a governance e monitoraggio delle spese. Su questo ultimo fronte è al lavoro Sogei: la spa del ministero dell’Economia, come annunciato dall’Ad Andrea Quacivi, sta sviluppando un Sistema informativo nazionale unico per gestione, monitoraggio, controllo e rendicontazione delle iniziative di investimento pubblico ed in particolare delle politiche di coesione.

La piattaforma sarà dunque il pilastro informatico per il monitoraggio delle spese legate al Next Generation Eu.

Per quanto riguarda la governance del Pnrr questa sarà, come spiegato in audizione in Parlamento dallo stesso ministro dell’Economia, Daniele Franco, il governo “ha incardinato la governance presso il Mef che si coordina con le amministrazioni di settore e con le autonomie territoriali. Il Mef svolgerà un ruolo di coordinamento e darà pieno supporto a tutti i ministeri per assicurare che vi sia un’effettiva realizzabilità entro il 2026”. E in questo senso sarà cruciale il rafforzamento delle capacità delle “delle strutture tecniche predisposte nei ministeri e nelle amministrazioni”.

Senza dimenticare il collegamento con i territori. “Solo il coinvolgimento del territorio rende possibile selezionare progetti veramente utili ai cittadini – ha detto il ministro – Il Governo ha incardinato la governance del Pnrr presso il Mef con compito di coordinamento e indirizzo. La responsabilità primaria su progetti e uso delle risorse resta dei singoli ministeri. Il Mef svolgerà un ruolo di coordinamento e darà pieno sostegno ai singoli ministeri nello sviluppo dei progetti. Insieme al Mef sono coinvolti altri tre ministeri: per l’Innovazione tecnologica per tutti i progetti che riguardano la digitalizzazione; il ministero della Transizione ecologica; il ministero per il Sud e la coesione territoriale per assicurare la coerenza complessiva del piano con la riduzione dei divari territoriali”.

Per quanto riguarda la dotazione, il Recovery fund “prevede fondi a disposizione del nostro Paese per circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 sotto forma trasferimenti, 127 sotto forma prestiti”. Tuttavia gli ultimi dati, ha ricordato, e il regolamento europeo che prende a riferimento il Pil del 2019, portano “a una stima dell’entità delle risorse per circa 191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio”.

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