Continua la politica di investimenti e acquisizioni con la quale Red Hat punta a rafforzare la propria posizione nel campo delle architetture open source. L’obiettivo? Sviluppare un portafoglio di soluzioni il più ampio possibile, garantendo al tempo stesso ai propri clienti la massima libertà di integrazione con altri applicativi e sistemi. Le ultime due aziende entrate nella scuderia della multinazionale americana sono Inktank, rilevata insieme al software Ceph per 175 milioni di dollari, ed eNovance (del valore di 70 milioni di euro), già da diverso tempo in stretta partnership con Red Hat nell’identificazione di soluzioni OpenStack. Le liquidità del resto non mancano: se l’anno fiscale 2014 si è chiuso a 1,53 miliardi di dollari di fatturato, con una crescita del 15%, il primo trimestre del 2015, appena messo a bilancio, ha fatto segnare un ulteriore balzo del 17%, con revenue per 423 milioni di dollari. “E in cassa c’è un miliardo e mezzo di dollari cash per ricerca & sviluppo e ulteriori acquisizioni”, dice Gianni Anguilletti (nella foto) country manager per l’Italia, oggi padrone di casa al Red Hat Forum. Nonostante il top management non voglia sbilanciarsi su quali possano essere le prossime tappe dell’espansione del gruppo, Michel Isnard, responsabile per i mercati Semea e anche lui presente a Milano per l’evento, non esclude l’ipotesi di muoversi verso società specializzate nel networking.
Il forum è anche l’occasione per presentare ufficialmente la nuova major release, la settima edizione del Rhel (Red Hat Enterprise Linux). “Per noi rappresenta uno spartiacque, l’inizio di una nuova era tecnologica”, spiega Mario Cavaldesi, senior solution architect della filiale italiana. “Il sistema operativo è infatti compatibile con qualsiasi piattaforma: abbiamo garantito integrazione e interoperabilità con Windows, come ci era stato richiesto dai nostri clienti, e per la prima volta il passaggio da una generazione all’altra del Rhel può avvenire senza disinstallare la versione precedente, ma semplicemente upgradando la sesta con un programma di diagnostica che valuta eventuali incompatibilità delle applicazioni che girano sul sistema operativo con la settima”.
Gli strumenti di diagnostica aiutano l’utente anche nell’installazione, creando immagini personalizzate a seconda del tipo di utilizzo, come anche nel miglioramento delle prestazioni dell’hardware. Ma la vera novità del Rhel 7 è rappresentata dall’introduzione dei Linux containers che, a prescindere dal tipo di destinazione del sistema operativo (macchina fisica, virtuale o cloud), sono in grado di creare partizioni dell’architettura per il workload, facendo girare diverse operazioni su un’unica macchina come se in realtà per ogni operazione ci fosse una macchina dedicata, ognuna isolata dall’altra. “Non si tratta di semplice virtualizzazione”, precisa Cavaldesi, “ma di organizzazione di specifiche parti delle risorse hardware che lavorano in parallelo pur salvando tutti i dati sullo stesso server. Non solo è una soluzione estremamente flessibile, ma anche vantaggiosa. Visto che grazie ai containers con una sola sottoscrizione della nostra architettura si possono gestire più workload contemporaneamente”.