COMMISSIONE UE

Reding, acquisti in-app: “Ingannare i consumatori non paga”

Il Commissario Ue alle aziende tecnologiche: “Serve trasparenza nelle applicazioni, troppi servizi nascosti a pagamento”. Neven Mimica Commissario consumatori: “Tutelare soprattutto i bambini”

Pubblicato il 27 Feb 2014

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Due giorni di incontri con le autorità nazionali responsabili dell’applicazione della legge e grandi aziende tecnologiche per discutere del problema della trasparenza degli “acquisti in-app”, per trovare una soluzione di trasparenza e tutelare i consumatori.

“Perché l’economia delle app possa sviluppare le sue potenzialità e continuare a innovare – si legge in una nota della Commissione Ue – è necessario che i consumatori abbiano fiducia nei suoi prodotti. Oltre il 50% del mercato Ue dei giochi online è costituito oggi da giochi pubblicizzati come ‘gratuiti’ benché essi comportino spesso acquisti in-app, talora costosi. Spesso i consumatori non sanno nemmeno di aver speso del danaro perché le loro carte di credito vengono addebitate in modo predefinito. I bambini sono molto vulnerabili di fronte alla vendita di un gioco che si ‘scarica gratis’ con cui apparentemente si gioca gratis”.

“L’industria europea delle app ha un enorme potenziale per generare crescita e occupazione e per migliorare la nostra vita quotidiana grazie a tecnologie innovative – afferma Viviane Reding, commissaria Ue per la Giustizia – Affinché il settore possa liberare le sue potenzialità, i consumatori devono aver fiducia nei nuovi prodotti. Ingannare i consumatori è certo una strategia commerciale completamente sbagliata e contraria, tra l’altro, allo spirito delle norme Ue sulla tutela dei consumatori. La Commissione europea si attende dall’industria delle app risposte molto concrete alle preoccupazioni espresse dai cittadini e dalle organizzazioni nazionali dei consumatori”.

In Europa, la cosiddetta “economia delle app” è in piena espansione, e il settore impiega oltre un milione di persone, generando un mercato che nei prossimi 5 raggiungerà il valore di 63 miliardi di euro circa nei prossimi 5 anni. Secondo i dati messi a disposizione da Distimo app analytics, piattaforma esterna di analisi delle app, l’80% circa del reddito di un fornitore è ricavato da acquisti effettuati da consumatori all’interno di un’applicazione, i cosiddetti “acquisti in-app” con i quali gli utenti possono accedere a determinati contenuti o elementi.

“I consumatori, e soprattutto i bambini, vanno meglio tutelati contro costi inattesi che si celano negli acquisti in-app – aggiunge Neven Mimica, commissario per la politica dei consumatori – Le autorità nazionali e la Commissione europea stanno discutendo con l’industria il modo migliore per affrontare questo problema che non solo danneggia finanziariamente i consumatori ma che mette anche in gioco la credibilità di questo promettente mercato. Se si trovassero soluzioni concrete in tempi brevi, sarebbe un guadagno per tutti”.

Nella riunione con l’industria, autorità nazionali responsabili dell’applicazione della legge nella Ue presenteranno la loro intesa comune sulle modalità di applicazione di adeguate norme a tutela dei consumatori in questo campo. “L’iniziativa – si legge nel comunicato – è guidata dall’ombudsman dei consumatori danese. Vi parteciperanno anche Francia, Regno Unito, Italia, Belgio, Lussemburgo e Lituania, membri della rete Consumer Protection Cooperation (Cpc) che ha il compito di far rispettare i diritti dei consumatori in tutta la Ue”.

Tra le principali questioni sollevate dai consumatori, in agenda in questi giorni, ci sono i giochi pubblicizzati come gratuiti, che “non devono ingannare i consumatori sui costi reali”, il fatto che i giochi “non devono rivolgere ai bambini esortazioni dirette tese a far loro acquistare elementi aggiuntivi di un gioco né persuadere un adulto ad acquistarli”, la necessità che i consumatori vadano “adeguatamente informati sulle modalità di pagamento”, e che gli acquisti non vadano “addebitati con impostazioni predefinite senza un consenso esplicito dei consumatori”. La richiesta infine che gli operatori debbano “indicare un indirizzo email che permetta ai consumatori di contattarli in caso di problemi o reclami”.

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