Uber, CouchSerfin, BlaBlaCar: la Commissione europea propone nuove regole per i nuovi servizi che sempre più prendono piede in Europa e che rappresentano uno stimolo per l’economia. Si tratta di quelle attività che rientrano nella cosiddetta economia collaborativa, quella che crea aggregazione di servizi nei settori specifici quali alloggio e viaggio e trasporti, con modelli di attività basati sull’integrazione di servizi tradizionali a nuove tecnologie. Un mercato “piccolo ma in rapida crescita”, che solo nel 2015 ha generato affari per circa 28 miliardi di euro in tutta Europa, secondo i conti di Bruxelles.
La Commissione europea ha presentato una comunicazione con l’obiettivo di regolamentare questo fiorire di nuove attività economiche a oggi non chiaramente disciplinate. Secondo le proposte della Commissione “i fornitori di servizi dovrebbero essere obbligati ad ottenere autorizzazioni o licenze dove strettamente necessario”, e “solo come misura di ultima istanza” si dovrebbe prevedere il “divieto assoluto” per la loro attività. Infatti, “le piattaforme non dovrebbero essere obbligate a chiedere autorizzazioni o licenze quando si limitano ad essere intermediari fra consumatori e chi offre il servizio”. Il ruolo dell’esecutivo comunitario, ha ricordato il commissario per la Crescita e gli investimenti, Jyrki Katainen, “è quello di incoraggiare un quadro normativo che permetta lo sviluppo di nuovi modelli di business, proteggendo i consumatori e garantendo un’equa tassazione”.
“Non voglio legare la comunicazione di oggi a una sola società, in quanto il testo non è fatto per una società X o Y, ma per tutte quelle che hanno adottato nuovi modelli di business”, ha chiarito il commissario europeo per l’Industria e l’imprenditoria, Elzbieta Bienkowska. Pur senza nominare le singole attività, l’iniziativa della Commissione riguarda marchi ormai diffusi in tutta Europa, e che realizzano fatturati crescenti nei rispettivi settori, come Uber, Airbnb, Blablacar: insieme, hanno realizzato un giro di affari lordo stimato in 28 miliardi l’anno scorso e creato preoccupazioni nei settori precedentemente protetti da regimi di “oligopolio”, spesso corporativo, come sono quelli dei taxi o degli hotel.
Gli orientamenti giuridici redatti dai servizi della Commissione europea “sono rivolti alle autorità pubbliche e agli operatori del mercato per lo sviluppo bilanciato e sostenibile di questi modelli imprenditoriali”. In sostanza, ha sintetizzato Bienkowska, “invitiamo gli Stati membri a riesaminare le loro normative nazionali alla luce di tali orientamenti e siamo pronti a sostenerli in questo processo”. Per la Commissione, dunque, le nuove iniziative non vanno ostacolate. L’importante, per Bruxelles, è che siano rispettate le regole sull’imposizione fiscale, quelle per la tutela dei consumatori, e quelle relative alle condizioni di lavoro. Quanto agli aspetti fiscali si sottolinea che “anche i prestatori di servizi e le piattaforme dell’economia collaborativa sono tenuti a pagare le imposte pertinenti tra cui le imposte sul reddito delle persone fisiche, delle società e l’imposta sul valore aggiunto”. Mentre sul lato della domanda, secondo l’esecutivo comunitario “gli Stati membri dovrebbero garantire che i consumatori godano di un livello di protezione elevato dalle pratiche commerciali sleali, senza però imporre obblighi sproporzionati ai privati che forniscono servizi solo occasionalmente”.
E anche in Italia si muove il Parlamento. Oltre la proposta di legge sulla sharing economy che ha iniziato l’iter nelle commissioni riunite Trasporti e Attività produttive della Camera, è stato presentato un emendamento al ddl Concorrenza – che dovrebbe iniziare il procedimento dopo le elezioni amministrative – che dà al governo la delega per disciplinare il settore degli “autoservizi pubblici non di linea” e anche le nuove piattaforme basate sulle app (come appunto Uber). Stando al testo, Palazzo Chigi avrà 12 mesi di tempo per lavorare alle nuove regole dal varo della legge sulla concorrenza.