Renzi: “Ecco cosa farà Diego Piacentini”

Il premier rivela i compiti del Vp di Amazon, nuovo commissario per il digitale: “Sarà un plenipotenziario per riportare l’Italia in cima alle classifiche di competitività”. E annuncia: “La prossima settimana via libera ufficiale ai lavori per la banda larga”

Pubblicato il 15 Feb 2016

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Piacentini “sarà un plenipotenziario per riportare l’Italia in cima alle classifiche di competitività in questo settore. Lavoreremo insieme a partire da agosto 2016 e anche se il mio benvenuto non è stato granché (è un tifoso interista, diciamo che ieri sera lo hanno accolto Borja Valero e Babacar) sono davvero molto felice. Penso che la caratteristica migliore di un leader sia quella di circondarsi di persone più brave di lui. Benvenuto Diego, buon lavoro”. Lo scrive nella Enews il premier Matteo Renzi, commentando la nomina di Diego Piacentini, Vp di Amazon, a commissario per il digitale.

“Sono molto felice di annunciarvi che uno dei top manager di una delle più grandi aziende innovative del mondo, Amazon, ha accettato di rinunciare per due anni a soldi e alla propria carriera professionale per darci una mano. Sto parlando del vice president di Amazon Diego Piacentini, stretto collaboratore di Jeff Bezos. Diego sarà per due anni il Commissario per il Digitale e l’Innovazione”, si legge nella newsletter.

La nomina di Diego Piacentini ha ricevuto il plauso dell’industria. All’indomani della nomina il numero uno di Confindustria Digitale, di Elio Catania, ha detto che è il segnale che si aspettava da tempo.

“Come industria – ha detto Catania – chiedevamo da tempo una personalità alle strette dipendenza di Palazzo Chigi che avesse un occhio sull’attuazione dei progetti digitali che il Paese ha lanciato Ora è il momento di fare politica industriale per il digitale: questa è la volta buona”.

E anche per Federmanager il governo va nella giusta direzione anche se ci aspettava una tempistica più stretta – agosto sarebbe troppo lontano. “Un manager che sarà in grado di imprimere un’accelerazione nei confronti delle scelte di politica industriale del nostro Governo con particolare riferimento ai processi di “disruption” dell’industry 4.0″, spiega Guelfo Tagliavini, responsabile Agenda digitale e consigliere nazionale dell’associazione.

Renzi ha poi annunciato – nelle medesima newsletter – che in occasione dei due anni di governo, la prossima settimana, “presenteremo anche il via libera ufficiale ai lavori della Banda Larga che hanno finalmente ottenuto l’ok della Conferenza Stato Regioni. C’è molto da fare, tutti insieme: avanti tutta, con qualche capello in bianco, ma con lo stesso entusiasmo del primo giorno”.

Il piano frutto dell’accordo siglato dalla Conferenza Stato-Regioni vale circa 3 miliardi . La quadra, dopo una settimana di braccio di ferro è stata trovata grazie a un “escamotage” che se da un lato dirotta tutti i fondi stanziati dal Cipe ad agosto scorso verso le Regioni del Centro-Nord, le più indietro sull’infrastrutturazione, dall’altro “ricompensa” le regioni del Sud – alle quali spettava l’80% delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione – con un tesoretto da oltre un miliardo che sarà assegnato attraverso una nuova delibera Cipe di qui al 30 aprile. Soldi che però non riguardano la banda ultralarga tout court ma si “estendono” alle opere infrastrutturali di varia natura. Per completare i piani per la banda ultralarga ci sono però i fondi Pon imprese e competitività: 233 milioni riservati a Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

A disposizione del piano, oltre alle risorse Fsc ci sono anche 1,187 miliardi di fondi Fesr e Feasr e a 233 milioni di Pon imprese e competitività per un totale, dunque, di circa 3 miliardi che serviranno a effettuare interventi in 7.300 Comuni. In base all’accordo siglato oggi le Regioni diventano “comproprietarie” delle nuove infrastrutture insieme con Infratel sulla base delle risorse messe in campo per contribuire al piano e quindi in quota parte pro-capite. Anche questa un’assoluta novità rispetto al passato, frutto della decisione del governo di finanziare totalmente le nuove reti mentre fino ad oggi si è optato per il modello a contributo che prevedeva l’uso di fondi pubblici insieme a quelli privati per co-finanziare le infrastrutture (di proprietà però degli operatori di Tlc).

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