Dal Crescita Digitale al Piano Banda Ultralarga. Dalla riforma della PA a Industria 4.0. I mille giorni del premier uscente Matteo Renzi, lasceranno in eredità al Paese se non la rivoluzione digitale quantomeno l’innalzamento dei pilastri portanti come mai era stato fatto nella storia di questo Paese.
La strada certo, sarà ancora parecchio lunga affinché l’Italia non solo recuperi il gap accumulato con le principali economie occidentali, in termini di reti veloci e servizi ai cittadini e alle imprese, ma si avvii verso un futuro che possa sortire ritrovata competitività. L’improvvisa uscita di scena del premier qualche strascico, inevitabilmente lo lascerà. Molti dei progetti al via probabilmente resteranno fermi sulla linea di partenza, in attesa che il nuovo esecutivo – non quello “tecnico” che si avvicenderà alla guida temporanea del Paese ma quello politico che sortirà dalle prossime elezioni – decida se procedere o no sulla strada tracciata. Il rischio maggiore in questo momento, come del resto accaduto già in passato con altri avvicendamenti repentini, è che si crei una pericolosa situazione di limbo. E il digitale, si sa, ha tempi così veloci da non potersi permettere di aspettare. In particolare in un Paese, come il nostro, che ancora deve trovare il suo “modello” e che se vuole cavalcare il treno 4.0 inevitabilmente dovrà dotarsi di infrastrutture di nuova generazione, performanti al punto da soddisfare le esigenze dell’industria. Non a caso il ministro Carlo Calenda puntava a un “piano bis” per la banda ultralarga che creasse una sorta di corsia “preferenziale” per il cablaggio dei distretti.
Che cosa succederà e se ci saranno “blocchi” o se tutto andrà liscio è ancora presto per dirlo. Ma non dovremo aspettare molto per verificare cosa accadrà. La Legge di Stabilità è prossima all’approvazione (è appena approdata al Senato). Lì dentro c’è il Piano Industria 4.0, un piano su cui si gioca il futuro della manifattura italiana e di tutto l’indotto. Il Piano punta sugli sgravi fiscali quindi teoricamente non dovrebbero esserci problemi di “risorse”. Ma bisognerà vedere se la Finanziaria passerà così com’è o se sarà rimessa in discussione, ipotesi quest’ultima da non escludere.
Il rischio più importante si profila invece sul fronte banda ultralarga: il primo bando Infratel da 1,4 miliardi per la realizzazione della rete pubblica nelle aree bianche (a fallimento di mercato) di 6 regioni italiane non è ancora stato assegnato. La Commissione nominata per le operazioni di gara dovrebbe avviare i lavori per l’assegnazione della gara entro l’anno. Si procederà comunque? O, a questo punto, si aspetterà? E che cosa accadrà con i bandi nelle altre regioni? E con le risorse allocate? Saranno confermate dal Cipe? Non solo. Renzi è stato il grande “sponsor” del progetto banda ultralarga di Enel. La vittoria del no fa pendere nuovamente la bilancia a favore di Telecom Italia? E come farà Iliad a dotarsi della rete che gli aveva “promesso” proprio Enel? Insomma la partita si riapre.
Complicato sarà anche il cammino digitale della PA: il “carrozzone” avanza molto lentamente e la bocciatura della Consulta arrivata a pochi giorni dal referendum azzera alcune importanti misure (se avesse vinto il sì i provvedimenti sarebbero stati tutti approvati). Se è vero che per il Cad non ci saranno aggiustamenti da fare la scure della Corte Costituzionale si è intanto abbattuta sulla riorganizzazione delle in house Ict.
ECCO LE PRINCIPALI MISURE DEL GOVERNO RENZI